Recensione: “L’alveare”- un incessante ronzio
L’alveare
di Emilia Giorgetti
Giovane Holden Edizioni
La quotidianità è un susseguirsi di giorni, settimane e mesi che l’uomo ha sempre raccolto in stagioni dove feste, vacanze, scuola e ricorrenze piccole e grandi segnano la sicura regolarità di un tempo che passa. eppure sembra rimanere sempre lo stesso.
Ma quella che sembra una sicurezza può essere sempre messa in discussione e provocare spaesamento, trasformazioni e cambiamenti che lasciano il segno nella nostra esistenza.
Emilia Giorgetti ci parla di tutto questo con “L’alveare”, un romanzo che segue le vicende della protagonista Marta e di tutta la sua cerchia di parenti e amici, che da inverno a inverno hanno sempre vissuto nella placida quotidianità, quando improvvisamente d’estate un evento stravolge tutto quanto.
Attraverso lo sguardo di Marta, anche noi vediamo i personaggi, tanti, di questa storia, che si muovono come uno sciame d’api, sempre in movimento, a tratti laborioso, a seguito di un’ape regina che può essere un’idea, un’emozione oppure una persona, come Livia, una delle zie della protagonista.
Voci paragonate a ronzii, corpi visti come brulicanti che si muovono e un lettore che rimane ammaliato da questo vortice di parenti e amici di cui, improvvisamente, si sente parte.
In questo insieme di voci e riti, scopriamo la protagonista nelle sue fragilità che però l’hanno resa forte e fatta crescere con una mente e uno spirito pronti a interrogare la propria anima come la vita esterna e percepire il mondo nei suoi piccoli dettagli e le sue grandi tragedie.
Quest’ultime trovano la loro personificazione in Ester, sopravvissuta all’olocausto, che riesce a riprendere parte delle terre e della villa di famiglia.
Ma nessuna riconquista può cancellare la Storia e la tragedia della malvagità umana, quella di un paese dove ancora si respira l’antisemitismo e qualcuno vorrebbe che lei non fosse mai tornata. Marta vede quindi la placidità del suo mondo trasformarsi in sottile inquietudine, ferite che non si chiuderanno e il dolore per la malattia di un’amica amata.
I bambini del romanzo sono invece lo sguardo innocente davanti a cui si svela il mondo complesso degli adulti, come se l’autrice stessa ne prendesse la distanza per osservarne le dinamiche e farci realizzare che se vogliamo, possiamo cambiarle.
“L’alveare” è un romanzo dolceamaro, che accarezza e colpisce, senza vittime né carnefici, solo la vita che accade, e che ci porta a essere, sentire, agire oppure anche solo a lasciarsi andare alla semplice lentezza di un giorno caldo.
Nonostante il quadro temporale della storia, i sentimenti e le emozioni diventano tratti trasversali a ogni epoca, le fragilità solo segni peculiari dell’essere umano, la Storia un punto fisso con cui confrontarsi per sussurrarci chi siamo veramente in un ronzio incessante.