Recensione: “Lady dal fiocco blu? Cinquant’anni con Oscar” – Una donna surreale
Lady dal fiocco blu? Cinquant’anni con Oscar
di Silvia Stucchi
Graphe.it edizioni
“Il problema della donna” scriveva Breton “è il problema più meraviglioso e inquietante del mondo”.
Nel 1972 sulla rivista Margaret dedicata ai manga shojo (traducibile in “per ragazze”) esordì l’autrice Riyoko Ikeda, con Le rose di Versailles. Il racconto si svolgeva alla vigilia della Rivoluzione francese e raccontava del legame tra la regina di Francia Maria Antonietta, il suo amante svedese Fersen, veri personaggi storici, e l’ufficiale della guardia reale Oscar Françoise de Jarjayes.
Proprio quest’ultimo personaggio, di pura fantasia, catturò l’attenzione delle lettrici.
Oscar è una donna nobile francese, ultima di 6 figlie femmine, allevata dal padre come un figlio maschio diviene comandante della guardia reale. La ragazza, che dissimula sotto l’uniforme la sua femminilità, offre a Maria Antonietta lealtà e supporto. Maria Antonietta, un fiore di fanciulla, figlia dell’imperatrice d’Austria Maria Teresa, viene data in sposa al delfino di Francia per motivi politici. La principessa scopre ben presto che Versailles è un covo di vipere, entrando in conflitto persino con la favorita del re padre, Madame du Barry. L’intera corte è contro di lei e viene coinvolta nella truffa milionaria mossa da Jeanne de Valois attorno a una collana di diamanti. Oscar per lei sarà un pilastro, anche quando la regina si interesserà all’uomo di cui anche lei è innamorata, il conte Fersen.
Ma Oscar ben presto si accorgerà di quanto soffra il suo popolo e metterà in discussione il suo mondo e i suoi privilegi, scoprirà di amare il suo amico d’infanzia André nonostante il suo rango inferiore, e nel giorno della presa della Bastiglia, donerà la sua vita per l’ideale dell’uguaglianza.
Lady Oscar, come sarà chiamata una volta approdata in Italia negli anni ‘80, è l’eroina volitiva dalla bellezza androgina che vince su tutto e tutti. Ben presto la sua popolarità spingerà Riyoko Ikeda a cambiare nome al manga shojo che si chiamerà appunto “Oscar”.
Silvia Stucchi, autrice di monografie e saggi scientifici, scandaglia storia, personaggi, autori e trasposizioni nelle varie lingue di questa straordinaria opera. Lo fa con passione sincera, regalandoci infiniti punti di riflessione, e annotazioni, e documenti, e approfondimenti, e chicche.
Perchè nel panorama dei “cartoni animati” della nostra infanzia, Oscar brilla come una cometa, finalmente una donna che in barba a tutti sa prendersi il centro della scena. E, nella profonda lettura umana e psicologica della Stucchi, lo fa da donna. Una donna nuova, libera, ma donna.
Entrata nell’immaginario collettivo saldamente, Le rose di Versaillesè/Oscar, può essere considerato un classico.
Oscar, porta con sé un messaggio potentissimo, un rifiuto alla classificazione per genere e una presa di posizione consapevole di libertà, anche a costo della vita.
“La morte di Oscar il giorno dopo, sotto le mura della Bastiglia, dopo una nottata di dolore disperato, e senza vedere, nell’anime – altro carico da undici aggiunto da Dezaki –, la fortezza cadere e arrendersi – a differenza che nel manga (in cui muore augurando “Lunga vita alla Francia”) –, è solo la naturale conseguenza di quella di André: perché nessuno dei due avrebbe potuto nemmeno immaginare di vivere senza l’altro.”
Una donna surreale che non potrà mai invecchiare,
“perché nonostante le lacrime dei fan e le innumerevoli fanfiction, che, negli anni, hanno immaginato, immaginano e immagineranno una conclusione diversa e una possibilità di sopravvivenza per i protagonisti dopo i fatti del luglio 1789, gli eroi non possono invecchiare. Secondo la logica interna del racconto di Ikeda e di Denzaki, il finale non può che essere quello che conosciamo, e che da decenni, immancabilmente, ci turba e ci fa piangere”.