Recensione: La setta dei libri maledetti, la rivincita della letteratura di genere Recensione: La setta dei libri maledetti, la rivincita della letteratura di genere

Recensione: La setta dei libri maledetti, la rivincita della letteratura di genere

Recensione: La setta dei libri maledetti, la rivincita della letteratura di genereLa letteratura di genere, ognora bistrattata e relegata ai margini ma sempre presente e viva – e operante, soprattutto – possiede codici e ingranaggi propri, che si muovono come fiumi carsici: spariscono in progetti poco riusciti e riaffiorano nelle ciambelle ben bucate che affollano gli scaffali delle nostre librerie. 

Parla un linguaggio tutto suo, la letteratura di genere, a una torma di fedelissimi sparsi in ogni dove dell’orbe terracqueo. 

Fabio Delizzos però, costituisce una sorta di eccezione. Cerchiamo insieme di capire perché. 

Anzitutto va detto che il suo ultimo volume La setta dei libri maledetti (Newton Compton, 320 pp. € 9,90) contiene una storia avvincente.

Ma ciò che più conta è che questa storia – antica, antichissima, siamo nel XVI sec. – viene narrata dall’autore con un procedimento umile, ovvero (per dirla con Simone Weil) pieno di attenzione non tanto ai dettagli per cui vanno matti gli aficionados del genere, quanto per la composizione di un plot che rispetti le regole e ci conforti, non ci spiazzi (se non nel finale, s’intende) e soprattutto non ci faccia perdere, e desistere dalla lettura. 

A cosa serve, in fondo, la cosiddetta letteratura di genere (quand’essa è ben fatta, come in questo caso)? A evadere non solamente dal suo opposto, la letteratura del quotidiano, dell’attualità; ma – vivaddio – a liberarci dalla reiterata dittatura del tema.

Il genere non tollera simili intrusioni. O meglio, non tollera che un tema, uno qualsiasi, sia più importante della struttura, dello scheletro su cui si costruisce una storia. 

Non si polemizza sulla Storia, quella vera, nella letteratura di genere: con eleganza si ironizza, oppure si dice semplicemente la verità. Entriamo in un vero e proprio altro mondo.

Missione, dicevo, in cui Delizzos riesce più che bene, porgendoci la vicenda di Victor Salva, investigatore della Quarantia al Criminal e membro del Consiglio dei Dieci, di ritorno a Venezia dopo la morte di sua sorella Bianca. Sono gli anni della guerra tra la Serenissima Repubblica e la Spagna: un ricco patrizio è stato ritrovato senza vita dentro un pozzo e i cadaveri di altri due nobili vengono rinvenuti distesi su barche lasciate andare alla deriva.

Victor non vorrebbe tornare in laguna, la morte della sorella (uccisa per rappresaglia a causa sua, del suo lavoro alla Quarantia), ma nei fatti è implicato anche Alvise, uno dei suoi migliori amici. 

E poi, in quanto investigatore dell’occulto, questo è il lavoro che fa per lui.

Sì, perché nei brevi capitoli che scorrono veloci, Delizzos tratteggia magistralmente una Venezia straordinaria, piena di personaggi interessanti, tutti afferenti alla storia e alla Storia, tutti necessari al movimento di questo notevole marchingegno letterario, che non si fa bastare i complimenti dei parenti e degli amici, ma si rivolge a un pubblico più vasto, spiega le ali verso altri lidi, con una qualità di scrittura difficile da reperire tra i suoi colleghi, quasi sempre tesi all’ammiccare verso l’audience più compiacente, più confacente al mondo letterario e poco al mondo vero. 

Si prenda dunque un po’ più sul serio, la letteratura di genere, a cominciare dalla composizione e dall’ideazione delle copertine, che scoraggerebbero dall’acquisto persino Capitan America, o Victor Salva e il suo fido aiutante Orso.

Un viaggio dell’eroe ben seguito, ben accompagnato, ben raccontato.

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