Recensione: “La Memoria del Lago”. Un nuovo segreto da svelare per le Miss Marple del Giambellino
“Ogni tanto mi chiedo se esista una memoria del lago [….] ma i luoghi avevano mantenuto traccia di quei fatti o la memoria era destinata a scomparire con le persone che li avevano abitati?”
Questo è “La memoria del lago” di Rosa Teruzzi (SONZOGNO EDITORI), milanese, esperta di cronaca nera e Caporedattore del programma televisivo Quarto Grado (Retequattro).
Un nuovo segreto da svelare per le Miss Marple del Giambellino, Libera e sua madre Iole, perché solo la verità ci rende liberi.
Ed è così che in una tiepida sera di fine estate Libera si ritrova per le mani una cartelletta verde contenente il dossier intitolato “Notizie sulla morte di Ribella Sgheiz, avvenuta in Colico, l’8 agosto 1946”.
Ribella, la madre di sua madre, morta in circostanze misteriose 70 anni prima.
Fin dalla prima lettura del dossier Libera intuisce che ci sono zone d’ombra nella ricostruzione dei fatti, un caso archiviato troppo velocemente, ed è decisa a scoprire la verità, non può più accettare che il segreto rimanga tale perché i segreti uccidono, come diceva nonno Spartaco, e quando non uccidono fanno comunque male.
Così il quartetto di investigatori composto da Libera, Iole, l’amica cronista Irene ed il caporedattore Cagnaccio (Dog) cerca di scoprire il mistero attraverso un’indagine serrata tra Como, Lecco e le vie esclusive di Milano, provando a scardinare i silenzi dei testimoni sopravvissuti.
La narrazione si svolge su due orizzonti temporali attraverso le parole di due donne: Ribella ci racconta il passato, Libera ci fa entrare nel vivo dell’indagine accompagnandoci all’epilogo.
L’amore è il fattor comune, perché l’amore è fatto di vita vissuta insieme ed è più forte del DNA.
Abbiamo, quindi, l’amore di Ribella nel voler fare la cosa giusta per la sua bambina e per l’altra bambina; l’amore di Matilde per il cugino, che più che amore era diventato un’ossessione; l’amore di nonno Spartaco che dopo la morte di Ribella non si era più risposato ed aveva preteso di essere sepolto accanto a lei 45 anni dopo; l’amore di Iole per la vita e per gli uomini, non aveva avuto mai un compagno fisso. Infine l’amore di Libera per la verità e per Gabriele, da giorni aveva deciso di chiarirsi con il Commissario, ma ora che l’aveva davanti, il suo unico desiderio era quello di fuggire. Si ripeté come un mantra la frase di suo nonno: solo la verità ci rende liberi.
Romanzo di facile lettura, la narrazione è semplice, scorrevole e coinvolgente ed anche se l’epilogo lascia un po’ di amaro in bocca non è mai troppo tardi per avere giustizia. E non ci può essere giustizia, senza verità.