Recensione: "La cena delle belve", la guerra e le umane miserie Recensione: "La cena delle belve", la guerra e le umane miserie

Recensione: “La cena delle belve”, la guerra e le umane miserie

Recensione: "La cena delle belve", la guerra e le umane miserie Recensione: "La cena delle belve", la guerra e le umane miserieLa guerra, si sa, rende gli uomini feroci. Genera miseria, cupezza, rassegnazione e per qualcuno anche l’occasione di fare affari. Ma soprattutto mette alla prova le persone, anche e soprattutto gli amici.

Vahé Katchà, autore, sceneggiatore e giornalista armeno francese, ha realizzato nel 1960 la sceneggiatura di Le Repas des fauvesovvero Il pasto delle belve, da un suo romanzo omonimo. Nel 1964 diverrà un film, per la regia di Christian-Jaque.
Il pasto delle belve narra la vicenda di un gruppo di amici nella Francia occupata del 1943, quando una cena viene turbata dall’irruzione delle SS e una difficilissima scelta: due dovranno essere ostaggi dei tedeschi, destinati cioè a essere giustiziati.

Nel 2010, il produttore (e poi attore) Gianluca Ramazzotti resta folgorato dal testo francese dal “potere drammaturgico del testo e dalla grande immedesimazione del pubblico verso una storia così dura, trattata con profondità ed ironia”, nella capacità del testo di unire alla leggerezza la cupezza, l’ironia al dramma. Ma il testo è profondamente ancorato alla vicenda francese, così Ramazzotti chiede aiuto a Vincenzo Cerami per la traduzione ma soprattutto per una ricontestualizzazione che possa renderlo fruibile anche nel nostro Paese.

Nel 2013 arriva La cena delle belve, la versione italiana ambientata nel Belpaese, quella vista al Teatro degli Industri di Grosseto, che prende le mosse dalla festa di compleanno  di  Sofia (interpretata da Marianella Bargilli), che insieme al marito Pietro (Alessandro D’Ambrosi) ospiterà a casa gli amici più cari: Andrea (Maurizio Donadoni), commerciante spregiudicato in affari con i nazisti, il medico condotto (Gianluca Ramazzotti), Vittorio (Rubén Rigillo), rimasto cieco dopo un combattimento, Vincenzo (Emanuele Cerman), professore di filosofia e  Francesca (Silvia Siravo), donna ribelle vicina alla Resistenza.

Dovrebbe essere una serata diversa, per staccare dalle tragedie e paure della guerra e dalle privazioni che questa porta con sé, ma il destino ha in serbo uno scherzo beffardo e quel salotto piccolo borghese diventa improvvisamente teatro di una roulette russa .In seguito all’uccisione di due ufficiali tedeschi davanti alla palazzina dove si svolge l’incontro, infatti, la Gestapo decide, per rappresaglia, di prendere due ostaggi per ogni appartamento. Il comandante tedesco dell’operazione, il Comandante Kaubach (Ralph Palka), riconosce, nel gruppo dei sette amici, il libraio Pietro dal quale spesso acquista delle opere e, per mantenere un singolare rapporto di cortesia, avverte che passerà a prendere i prigionieri solo dopo il dessert, lasciando a loro decidere di chi si tratterà.

Da quel momento comincia un gioco psicologico tra i personaggi, vero cuore di La cena delle belve. Il meccanismo è così sottile e ben studiato che ben presto il contesto storico svanisce davanti agli occhi degli spettatori, rapiti da un sontuoso spettacolo in cui si sviluppa l’antico concetto di homo homini lupus, nel quale ognuno cercherà di salvare la propria pelle e, davanti alla paura della morte, l’amicizia sparirà per lasciare il posto ai peggiori sentimenti. Emergono nettamente e quasi senza veli debolezze e meschinità dei personaggi.

Lo spettacolo, feroce nei contenuti, risulta però assolutamente gradevole anche perché in questa piéce dolceamara si alternano con successo momenti di alta tensione e risate e divertimento, conditi da uno humour nero sempre presente con pennellate di commedia dell’assurdo. Lo spettatore è, alla fine, costretto a chiedersi: “cosa farei io al posto loro?”.

Chiude La cena delle belve un finale a sorpresa, concluso in maniera diversa dall’originale francese, con un gusto tutto italiano. Bravissimi gli attori, capaci di tenere la scena in maniera esemplare. Ottima anche la prova di regia di Julien Sibre e Virginia Acqua. Una rappresentazione riuscita e convincente, vincitrice di tre Premi Molière per il miglior spettacolo, migliore adattamento e migliore regia.

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