Recensione: "La caduta del re", l'epica del Nord Recensione: "La caduta del re", l'epica del Nord

Recensione: “La caduta del re”, l’epica del Nord

Recensione: "La caduta del re", l'epica del Nord Recensione: "La caduta del re", l'epica del NordLa saga (per usare un termine nordico), di Mikkel Thorgesen, pubblicata la prima volta nel 1900, è ambientata lontana nel tempo, in un oscuro medioevo. Contemporanea dunque come temporalità, ai nostri poemi cavallereschi: guerre, amori, amicizie, nemici da combattere: anche se gli italici poemi sono permeati di un clima assai diverso.

Gli eventi del romanzo si svolgono infatti in Danimarca, intrecciandosi e ricostruendo in parte la storia del re Cristiano.

Ma non si tratta primariamente di un romanzo storico, più che raccontare eventi, descrive sottilmente lo spirito dell’epoca. le atmosfere e la bellezza dei paesaggi nordici, ed è questo che affascina i lettori. Un libro che ti spinge a leggerlo d’un fiato, senza sosta. Mikkel, il protagonista, ha una vita difficile, è uno studente svogliato, pescatore quando capita, bevitore, innamorato che non si dichiara, padre ignoto di un paio di figli nati da donne di cui non ricorda neppure il nome, odiatore di chi non gli va a genio, soldato di ventura, pellegrino e infine, fido servitore del suo re, Cristiano di Danimarca. Cristiano sarà un sovrano imbelle, debole e al tempo stesso crudele.  Ma questo non impedirà a Mikkel di seguirlo nelle sue vanagloriose imprese fino alla prigione e alla morte.

Quello che si evince è la mancanza della gioia di vivere che illuminava i nostri  Boiardo, o Ariosto. Il nostro clima è altro. Negli stessi anni in Italia fioriva l’ Umanesimo e il Rinascimento. Stride e affascina dunque la crudeltà estrema degli scontri guerreschi, delle liti, ma anche del vivere quotidiano e del dolore che pervade sinanche  gli amori, vissuti  nel silenzio e distanti.

Tradotto in italiano da Bruno Berni, a cui si deve anche l’introduzione, consente di confrontarci con una cultura e una letteratura a noi poco nota, quale quella danese. Pare che l’autore, Johannes V. Jensen, a cui negli anni ’40 andrà anche un nobel per la letteratura, trasse ispirazione per la sua opera da un quadro notissimo in Danimarca di Carl Bloch, del 1871,che  ritrae il re Cristiano II esiliato e prigioniero in un castello danese. Alle spalle del monarca, nel dipinto compare un servitore a cui Jensen darà nome Mikkel Thøgersen, eleggendolo a protagonista del suo romanzo.

Imponente la dimensione onirica nel libro, dove figure metaforiche dominano le povere vite dei protagonisti, fra tutte, maestoso, spicca il cavaliere della morte. Sotto la luce fredda del cielo del nord, paure e miserie vengono messe a nudo senza compassione.

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