recensione: Karim e gli altri – essere giovani in Tunisia
Il volume di Giovanni Cordova, Karim e gli altri, ha una natura quasi esclusivamente etnografica.
Affronta nelle sue quattro parti una serie di temi fondamentali che orientano in maniera efficace il lettore nella comprensione del panorama giovanile in una Tunisia contemporanea, in cui pur affermandosi la democrazia, questa non riesce a radicarsi proprio per l’ambiguità con la quale i giovani recepiscono questi cambiamenti.
Il saggio è caratterizzato da quattro parti:
Nelle prime parti l’autore scatta una fotografia del contesto economico e politico che tiene conto dell’imprinting religioso e sociale.
Nella terza sono analizzati il concetto di comunità e le relative implicazioni.
Nella quarta parte invece il cuore della narrazione riguarda l’approccio dei giovani alla religione islamica, oscillante tra la fedeltà alle tradizioni sacre e la pulsione alla modernizzazione.
Il saggio non trascura alcun aspetto, compreso quello della stigmatizzazione sociale a cui i giovani sono andati incontro nel corso degli anni e che li ha posti in conflitto tra il desiderio di migrare e l’ostinazione a rimanere, quasi come se ciascuna delle due scelte potesse in qualche modo essere rilevante ai fini della restituzione della dignità sociale.
Il saggio mostra quanto i giovani tunisini, investiti dall’onda del cambiamento politico si siano trovati sprovveduti in quanto mai educati alla consapevolezza collettiva e quanto siano rimasti divisi tra il desiderio di riscatto e l’immobilismo, la religiosità radicale e la modernità, incapaci di costruire ma solo di nuotare per sopravvivere.
Mi hanno ricordato i giovani delle aree del Sud di molti paesi, compreso il nostro, in cui i giovani, privi di riferimenti politici e sociali, si aggrappano con le unghie e con i denti a idee di reviviscenze identitarie, senza riuscire ad aprire attivamente un varco in un nuovo sistema di cose e affermarsi in esso costituendo una nuova identità.