Recensione: “Intime relazioni, nel gioco del teatro” gli allievi dell’associazione Polis 2001 alle prese con il dialogo interiore
Succede in città, a pochi passi da te, e una volta vinti pigrizia e freddo e stanchezza, ti ritrovi in una dimensione parallela dove condividere sensibilità è la cosa più “naturale” che possa accaderti.
Fa freddo e l’ambiente non è proprio un confortevole teatro, ma la magia avviene ugualmente.
Ti rispecchi negli attori che si sono messi in gioco e che, faticosamente, hanno posto a se stessi le domande più intime, spogliando dalle maschere i propri turbamenti e mostrandosi nel loro più vulnerabile aspetto.
Ed è proprio nelle domande, che riescono a essere autentici, arrivano diretti alla parte più tenera e permeabile dell’anima. Nel tentativo di darsi una risposta, spesso invece, la verità vacilla, molti riindossano il velo, ricoprono la propria autenticità con l’ombra della paura sconfitta nella domanda.
Bisognerebbe fermarsi a riflettere proprio qui, al bivio che si pone dopo il punto interrogativo.
Soddisfare l’altro, che sia la propria madre, il proprio amore, un’amica speciale o più in generale, la società che ci circonda, le aspettative del pubblico presente, è a suo modo importante e ammissibile. Il problema è il continuo lasciar fluire di complessi negativi che corrodono ogni freschezza, novità, potenziale, nascita. Quando troppo si produce senz’anima, i rifiuti tossici si riversano nel fiume limpido, soffocando impulso, creatività.
Attraverso questo gioco del teatro, si ricercano le cicatrici e si prova a medicarle. I personaggi si susseguono e ci si lega all’uno o all’altro, ritrovando pezzetti del proprio dolore da consolare.
Ripeschi la rabbia silenziosa nel conflitto adolescente con tua madre. Sorridi al ricordo di un fidanzamento immaginario con un personaggio dei fumetti dell’Intrepido. Perdi il filo e l’identità tra accusa e difesa in un improbabile processo. Ti fai le più scontate domande sull’amore, ricevendo in cambio la più preziosa delle intuizioni. Punti il dito sulla tua ombra elencandole difetti che essa incapace di libero arbitrio eredita da te. Cerchi tra le rughe del presente il volo libero e l’odore del mare che ancora senti sulla pelle di chi ami. Con mille interrogativi ti poni indifeso al cospetto del Dio in cui credi.
Il gioco del teatro non è altro infine che l’antico gioco dei bambini, dove nella solitudine del la scrittura, ti inventi prima una storia e poi un amico immaginario con cui condividere il tuo gioco.
Il tempo passa ed è già l’ora dell’applauso.
Risalendo come pubblico da questo viaggio emozionale, possiamo sembrare esteriormente immutati, ma interiormente abbiamo recuperato o comunque intravisto, uno stato primordiale, potente e creativo. E in un certo qual modo ci siamo messi in pericolo, abbiamo messo in pericolo le nostre maschere.
In superficie siamo ancora socievoli, ma sotto la pelle decisamente, non siamo più addomesticati.
Al sicuro dalle emozioni, nel calore delle proprie case, se avete ancora curiosità e desiderio di conoscere più e meglio del lavoro di questo splendido gruppo di persone, fatte un salto virtuale qui:
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