Recensione: “Il Signore della luce. Gli incredibili esperimenti del professor Michelson” – L’immaginario e la scienza giocano a rimpiattino
Il Signore della luce.
Gli incredibili esperimenti del professor Michelson.
di Andrea Frova
Editore: Carocci
È vestito di tutto punto e sorseggia un cocktail a base di whisky e miele, camicia bianca e cravatta a righe, totalmente assorto nei suoi pensieri.
Rimugina sulla stravagante natura dell’etere luminifero, l’eterea sostanza presente in ogni dove, che disdegna di interagire con le cose materiali, eppure i più accreditati scienziati, ritengono si faccia carico della propagazione della luce.
È al tavolino del salotto del Faculty Club e nelle prime pagine del libro, che conosciamo il signore della luce. L’eccentrico incontro con questo signore può invalidare le sue innegabili doti di scienziato? È in atto in questo libro un golpe ai danni della comunicazione scientifica?
Più che di golpe parlerei di una scrittura magnetica sempre in bilico tra affabulazione e spiegazioni di carattere tecnico scientifico.
Sembra che la storia romanzata tenti di allungare i propri tentacoli e rientrare all’interno della speculazione e del discorso scientifico e nella sua rappresentazione letteraria. Andrea Frova alla scienza abbina una nuova sensazione di fantastico. In fin dei conti è vero che è impossibile non rimanere a bocca aperta davanti alle incredibili “trovate” di Michelson. La meraviglia è rispolverata, quasi a dover sostituire tutto quello che sembra fantascienza, ma che invece risponde al bisogno di dare maggior voce alla scienza.
La scienza è ufficialmente co-protagonista della meraviglia, quindi.
E come non c’è Batman senza Robin, Sherlock senza Watson, Don Chisciotte senza Sancho Panza, il nostro professore è accompagnato nelle sue prime avventure dal fidato Morley.
Morley ha il suo vissuto, la sua storia, una moglie preoccupata e qualcosa di interessante da dire che merita di essere narrato, spezzando in lievi punti la trama principale.
Sarà Morley a scrivere con Michelson la storia dell’esperimento che diede un risultato talmente strano da obbligarci a rivedere tutta la concezione della Fisica. L’idea era così geniale tanto che permise a Michelson di ottenere il Nobel. Praticamente il suo esperimento consisteva in una specie di fotofinish di una corsa ciclistica tra due fotoni. Il risultato dell’esperimento fu, in realtà, un completo fallimento ma con esso, Michelson con una piroetta, come in un numero da prestigiatore, fece “sparire l’etere luminifero”, fonte dei suoi crucci.
“«Non saremo costretti a trarre la conclusione che la luce è un soggetto del tutto speciale, che sfugge alle normali regole della fisica? Non sarà che la velocità la velocità della luce è un invariante assoluto?» buttò là Michelson, enunciando involontariamente quella che pochi anni più tardi la teoria della relatività ristretta, detta anche relatività speciale, avrebbe rivelato essere una sacrosanta verità.”
Ma com’era per davvero il professor Michelson? La penna arguta di Frova sgretola la maschera di secchione noioso che si era formata negli anni dei suoi studi, lasciando allo scoperto l’uomo dotato del dono mirabile dell’ironia, che sola può giustificare la persistente vitalità dei suoi pensieri.
Ironia che sfugge fin dai titoli di alcuni capitoli: “Una misura alquanto più ardimentosa”, “Alla ricerca del tubo gigante”...
O in alcune tragicomiche avventure poste a condimento di un già succulento testo, come l’incontro col coguaro a Mount San Antonio.
“Michelson in vita sua non aveva mai fatto incontri così esotici, tranne che negli zoo”.
Chi ha detto che leggere di uno dei più eccezionali ottici del Novecento implichi seriosità e compostezza? Questo libro è fortunatamente un capolavoro di sottile umorismo che getta uno sguardo divertito sulla scienza. Fare ridere è forse più difficile che commuovere ed è ancora più difficile farlo attraverso le pagine di un libro che vuol essere anche la storia di uno scienziato di grande importanza. Le pagine scorrono come piccoli miracoli di arguzia e intelligenza. Intelligenzia e arguzia che ritroviamo nei dialoghi immaginari tra Einstein e Michelson: discussioni sulla scienza, ma che travalicano nella musica e nei vari campi della vita.
“«Perchè citi solo la musica come fonte di ispirazione scientifica e non le atre arti?» Michelson cercava di trattenere Einstein sul tema perchè traeva grande piacere dalle sue risposte.
«È vero che tu Albert sei un grande acquarellista» lo lodò Einsten.”
L’immaginario e la scienza giocano a rimpiattino, come in un romanzo di fantascienza dove l’autore ci invita a rimescolare insieme i fatti e le loro conseguenze possibili. A noi il compito di tenere ben distinte le cose, in equilibrio sulla punta del naso della nostra fantasia.
Andrea Frova è stato professore ordinario di Fisica generale alla Sapienza Università di Roma. Ha scritto numerosi articoli di spettroscopia ottica su riviste internazionali, oltre a saggi scientifici e musicologici. Ha vinto il “Premio Galileo” con Se l’uomo avesse le ali (Rizzoli, 2007) e il “Premio Città di Como” con Newton & Co. Geni Bastardi (Carocci, 2° rist. 2019), insieme a Mariapiera Marenzana. Ha scritto anche sulla vita di Bach (Bravo Sebastian, Bompiani, 1989), di Galileo, con Mariapiera Marenzana (Parola di Galileo, Rizzoli, 1998), e Vivaldi (Autunno veneziano, Efesto, 2019). I suoi libri sono stati tradotti in varie lingue.