Recensione: “Il posto della cenere” – dalle tante… troppe donne ridotte in cenere a Cenerentola
“Io sono le ossa e le viscere della terra,
La montagna è scrigno.
Io sono la pietra delle tempeste.
Io sono sasso e forza.
Io sono terra.
Un giorno mi estrarranno e allora cominceranno a parlare di me, per ora debbo dormire nella terra per mutare.
Sasso e pietra, viscere e ossa.
Le donne troveranno la pietra di me e muteranno. Non saranno più trascinate dalla corrente, ritroveranno il filo che io tengo ben stretto affinché conduca me e le altre donne oltre il silenzio delle murate vive”.
Questo è “Il posto della cenere” di Beatrice Monroy (Arkadia Editore) autrice e narratrice per Rai Radio3 Suite, ha insegnato Drammaturgia alla Scuola dei mestieri dello spettacolo del Teatro Biondo di Palermo.
Una storia del presente per raccontarne una del passato allo scopo di risvegliare una consapevolezza interiore.
Un antico Monastero, una scrittrice, un gruppo di persone tra loro estranee alla ricerca di una reliquia nascosta, ricerca che farà capire loro (e anche al lettore), quanto sia più importante il percorso che la destinazione.
“Bisogna imparare a marinare gli eventi della vita in lunghe ore, a volte giorni, mesi e anni, per assaporarne il vero gusto. Oggi torno a casa. Nella mia nuova casa perché i miei occhi sono nuovi. Occhi trovati qui. Per caso. Per caso? Alle mie spalle il fantasma di un fraticello sussurra qualcosa. L’invisibile mi saluta. Adesso io so, Universi”
Una storia raccontata su due livelli temporali diversi, il presente e il passato che continuamente si intrecciano, con voce esclusivamente al femminile. Donne che si raccontano e che raccontano di altre donne, bruciate sul rogo, murate vive o invisibili come Cenerentola, colpevoli solo della loro conoscenza.
“L’intelligenza era considerata, ed è, opera del diavolo […] si parlò di streghe. Le donne vennero indicate, rinchiuse e fu interdetta la loro sapienza […] i frati […] solo loro avevano il diritto di praticare l’erboristeria”.
Fra le tante, la reliquia scelta per essere nascosta non poteva che essere qualcosa di appartenuto alla donna che sfidò i suoi tempi per tutelare le sue “sorelle”.
“Una Regola di donne scritta da donne. Cosa mai ne poteva sapere il caro Francesco della loro vita? Eterne prigioniere dei padri, dei mariti, dei fratelli, si erano murate vive per salvarsi. Ma questo decidere per se stesse, lei lo sapeva bene, era considerato uno scandalo. Una donna che scrive una Regola! Poteva trasformarsi in un’aperta accusa di stregoneria”.
Beatrice Monroy non ha scritto solo un racconto, ma a partire dall’ambientazione, dalle narratrici, dalla reliquia e dal posto della cenere, ha sistemato ogni tassello al posto giusto affinché il suo lettore possa compiere quel viaggio interiore per comprendere la grande ingiustizia che nel corso dei secoli ha colpito tante donne e la loro sapienza e soprattutto che loro, le donne, sono state, sono e saranno sempre braci ardenti sotto la cenere.
Chi ha orecchie per intendere intenda.