Recensione: Il peso dei fiori – L’insostenibile leggerezza della leggerezza
L’insostenibile leggerezza della leggerezza
Vorrei scrivere qualcosa,/qualcosa che possa servire,/ma questi sono solo segni/scritti da uno qualunque/che vorrebbe anche solo una volta/avere la capacità di saper dire/con qualche semplice parola/quello che prova per te.
L’amore è una cosa difficile, un sentimento che si esplica sempre soggettivamente, ognuno ha il proprio modo di manifestarlo, e non possiamo mica fargliene una colpa.
I fiori pesano.
Se ne rende benissimamente conto il lettore che si avvicini alla raccolta poetica di Alessandro Francesco Alfieri “Il peso dei fiori” (ed. Creativa), cui ho subito approcciato come si dovrebbe quando si ha a che fare con un vero e proprio “concept album” kafkiano e molto particolare. Vado a spiegarmi.
Alfieri, classe ‘97, è uno specializzando in malattie dell’apparato digerente presso il “Gemelli” di Roma: appassionato di tutto ciò che lo tiene lontano dalle sue (a volte) dure incombenze, eccolo decidersi di dare vita a questa sua seconda vita: Gozzano si augurava di “vivere alla piccola conquista mercanteggiando placido in oblio come il farmacista”; qui invece avviene il contrario. E’ il medico a farsi poeta.
Eccovi dunque il nodo della mia riflessione: Alfieri (e gli altri folgoranti come lui sulla via del verso) sono più poeti o più poetici?
Se intendiamo il processo versificante come una sintesi, Alfieri si pone, nella maggioranza dei suoi componimenti, in netta antitesi: se il poeta riflette togliendo, lui pondera gettando fiumi di parole analizzando ora l’oggetto amato, ora l’amore stesso con una precisione chirurgica, denunciando non solo il suo status professionale ma soprattutto il proprio vulnus giovanile.
Ho sempre inseguito il discorso,/affamato di parole/e con la paura di morire di fame…
Tornando alla dicotomia poesia/poeticità, mi pare che Il peso dei fiori, sia da intendersi più come un taccuino di un autore musicale indie; e dato che, come diceva Landolfi nel Rien va, “non si può fare pittura con la pittura, poesia con la poesia, scrittura con la scrittura”, l’esortazione che il sottoscritto si permette di fare al giovane autore è quella di spalancare ulteriormente le porte, sfrondare il proprio albero. Ci potremmo ritrovare, caro Alfieri, magari già un po’ bevuti chi lo sa, al Tafuzzi Days di Riccione.
Ma se non riesco a fare una domanda,/ come posso mai avere una risposta.
Se la Poesia è libertà, per ciascuno, di meravigliarsi senza vergogna, si può affermare, senza tema di smentita, che Il peso dei fiori di Alessandro Francesco Alfieri è un gran salto mortale all’interno dell’aggettivo poetico.
Gradiremmo vedere un tuffo, in tutto simile a quello a pagina 31: Davanti un foglio bianco/nessuna parola/tanti pensieri/un volto/lei.