Recensione: Il Leopardo e l’anima – Il punto d’origine, che è anche il nostro
“Il Leopardo e l’anima” di Attilio D’Arielli, edito da Graus Edizioni, pone a confronto uomo e natura selvaggia.
Protagonista del romanzo è un naturalista che viaggia all’interno della giungla malese in cerca del Lepoardo maculato, una specie in via di estinzione, che egli desidera fotografare.
Il naturalista ha compiuto già un viaggio senza riscontro in quel luogo che, con questo ritorno, gli appare aver subito trasformazioni antropiche notevoli a discapito della natura e degli animali indigeni.
In Malesia incontra numerosi studiosi come lui e discute con loro di problematiche inerenti l’ecologia che risultano fonte di consapevolezza per il lettore ignaro.
Testimoni dei cambiamenti apportati dall’uomo per fini economici, sono soprattutto gli accompagnatori locali, che appaiono invece maggiormente rassegnati, come se ritenessero necessarie le trasformazioni del paesaggio operate dall’uomo, per rendere ospitali e redditizi luoghi altrimenti inospitali e poveri.
Nel romanzo, in parallelo, è raccontato il punto di vista del leopardo con i suoi istinti e nel pieno rispetto della sua natura animale.
Questa femmina di leopardo insieme ai suoi cuccioli, a differenza dell’uomo, non si interroga su quanto accade al paesaggio; cerca solo di adattarsi e sopravvivere ai cambiamenti e pur essendo essa stessa un predatore pericoloso, tenta strenuamente di difendere la propria vita e quella dei propri piccoli da altri predatori.
Il romanzo è una sorta di documentario scritto, innovativo nel suo genere perché racconta di come vive un naturalista, con quali pulsioni e desideri e con quanto amore si confronti con la natura, nonostante essa si presenti talvolta aspra e inospitale.
E poi c’è l’animale con il suo istinto, la caccia, la lotta per la sopravvivenza, l’amore primordiale e atavico per i propri cuccioli, e la fuga necessaria da ambienti resi inospitali e inadatti a lui dall’uomo e l’adattamento in altri luoghi con altre modalità.
Il centro focale del romanzo è però l’anima del leopardo.
Colpisce moltissimo questa parola presente nel titolo e non è intuitivamente comprensibile.
Per molte persone gli animali sono solo animali, inferiori all’uomo, che può pertanto dominare il loro mondo in qualche modo.
Per molte persone la natura è bella solo quando è comoda, fruibile, quando, mediante stravolgimenti è resa godibile.
Il romanzo denuncia di D’Arielli tiene a evidenziare quanto la natura e gli animali selvatici, che ci ostiniamo ad adattare ai nostri bisogni e al nostro uso e consumo, abbiano in realtà una dignità e un’anima propria, che indubbiamente non contempla pensieri e sentimenti elaborati come i nostri.
Nonostante questo, egli tenta di “umanizzarli” in qualche modo.
Con il termine “umanizzare” non intendo renderli umani, ma rendere il loro equilibrio, i loro comportamenti e le loro azioni, comprensibili a un umano.
L’obiettivo dell’autore è incredibilmente importante.
La scarsa conoscenza del comportamento animale e degli eventi naturali ci allontana da qualcosa che, se conoscessimo realmente, impareremmo ad amare.
L’anima del Leopardo è dunque la nostra, mentre ci specchiamo in questo fiero e dignitoso animale e riconosciamo mediante le affinità il punto di convergenza con il suo mondo e cioè Il punto d’origine, che è anche il nostro.