Recensione: “IL DIAVOLO IN BLU” – Vittima e carnefice, giusto e sbagliato, bianco e nero…. Quando è il punto di vista che fa la differenza
“Non solo era bianco di pelle:
Portava un abito di lino bianco sporco, una camicia bianca, un panama, scarpe bianche e un paio di lucide calze di seta bianche [….] Quando mi guardò sentii un brivido di paura, ma passò subito perchè ormai, nel 1948, ero abituato ai bianchi”
Questo è “IL DIAVOLO IN BLU” di Walter Mosley (21lettere edizioni), scrittore statunitense noto soprattutto per i suoi romanzi gialli.
Il DIAVOLO IN BLU, però, non può essere definito un “romanzo giallo”, quanto piuttosto un “roman noir”, romanzo nero, ove il protagonista è al tempo stesso vittima, sospettato e carnefice e si trova a dover affrontare contemporaneamente i “buoni” come le forze dell’ordine ed i “cattivi” come i criminali coinvolti nelle vicende.
“In quelle occasioni io cercavo di avere un’aria innocente, negando le accuse. E’ difficile comportarsi da innocente quando lo sei ma i poliziotti sanno che non lo sei. Sono convinti che hai fatto qualcosa perchè è così che funziona la testa dei poliziotti e il fatto che tu dici che sei innocente per loro è solo una prova che hai qualcosa da nascondere.”
Una storia letta tutta d’un fiato in un solo pomeriggio, con la curiosità di capire quale sarebbe stato l’epilogo, che come in ogni noir che si rispetti non è mai arrivato, o comunque non è arrivato nel modo in cui chi legge si aspetterebbe.
Easy, Ezekiel Rawlins, uomo di colore da poco senza lavoro, durante una improbabile giornata al bar, si trova coinvolto suo malgrado in una vicenda dai tratti ambigui e pericolosi in cui tutti sono contro tutti. E attraverso i suoi occhi, gli occhi di un “nero” ed investigatore improvvisato, il lettore si trova a riflettere sugli aspetti oscuri dell’animo umano, soprattutto in merito al sentimento razziale.
“Parlare con Mr Todd Carter fu una strana esperienza. Voglio dire, io ero lì un negro nell’ufficio di un ricco bianco, e parlavo con lui come sei fossimo grandi amici – e anche di più [….]. Era la forma peggiore di razzismo. Il fatto che non riconoscesse neppure la nostra diversità era la dimostrazione che di me non gliene fregava un accidente.”
La città, i sobborghi, gli equivoci locali per “negri” vengono ben descritti, così come tutte le situazioni criminose che vedono coinvolti i personaggi del racconto.
Romanzo dai toni forti, ma che si fa leggere tutto d’un fiato, forse perchè al centro di tutto il male descritto c’è la spasmodica ricerca di una donna bellissima quanto misteriosa, costretta a nascondersi e fuggire per celare ciò che è.
“Per te è la stessa cosa Easy. Impari un sacco di roba e pensi come pensano i bianchi. Pensi che quello che è giusto per loro è giusto per te [….] Ma fratello, non sapete che siete tutti e due dei poveri negri. E un negro non sarà mai felice finché non si accetta per quello che è.”