Recensione: Il caso Deruga – l’irriverente romanzo di un processo
Il caso Deruga
di Ricarda Huch
L’Orma editore
“E adesso chi è quel personaggio altezzoso e trasandato che sta entrando assieme all’avvocato Fein?”
chiese al marito una signora seduta tra il pubblico del tribunale.
“Non sarà mica un altro difensore dell’imputato? Voglio proprio vedere se Fein sarà dispoto a farsi rubare la scena…”.
E’ pieno di promesse seducenti l’incipit di Il caso Deruga, breve romanzo (204 pagine) della grande letterata tedesca Ricarda Huch (1864 -1947), pubblicato nel luglio 2023 dalla casa editrice L’Orma, per la traduzione dal tedesco di Eusebio Trabucchi.
Breve romanzo che, per quanto ci risulta, è anche il primo e sino ad ora unico scritto della Huch tradotto e pubblicato per il palato dei lettori italiani. Vale perciò la pena di segnalare telegraficamente che Ricarda Huch appartiene alla non ampia cerchia dei grandi storici e intellettuali tedeschi del Novecento, nota in patria soprattutto per le sue opere storiche, alcune monumentali, sul Risorgimento, su Garibaldi, su Pellico, sulla Guerra dei Trent’anni. Eccetera. Lodevole, quindi, l’iniziativa editoriale de L’Orma, che ci consente di fare la conoscenza della Huch attraverso un’opera letteraria “minore”, ma decisamente accattivante, che è stata a ragione definita come un’incursione in un genere che non le
apparteneva: il giallo giudiziario.
Ma non condividiamo l’opinione di chi, un po’ frettolosamente e alla ricerca di comodi clichés, etichetta la Huch come l’anticipatrice del legal thriller, come colei che ha aperto la strada (siamo nel 1917) a Erle Stanley Gardner, il padre di Perry Mason (1935 o giù di lì). Preferiamo limitarci ad accostarla a quei grandi della letteratura mondiale come Mark Twain (“Un delitto, un mistero e un matrimonio”), che si sono divertiti a cimentarsi una tantum su un terreno letterario che non era assolutamente il loro.
Perché quella della Huch è un’incursione del tutto particolare, irriverente, sbarazzina, e comunque decisamente anomala. Sin dalle prime pagine si capisce con chiarezza (e l’incipit che abbiamo riportato in epigrafe preannuncia in maniera ammiccante) che alla Huch interessa ben poco la fedeltà ai canoni del processo penale, il rispetto delle regole procedurali e tutte quelle altre specialistiche barbosità processuali di cui si pascono gli specialisti del legal thriller, e alle quali questi si sentono indissolubilmente vincolati. No, lo ripetiamo: la Huch è irriverente e fa piazza pulita delle vincolanti norme processuali. Sebbene il sottotitolo dell’edizione italiana ci avverta che Il caso Deruga è il “romanzo di un processo”, ci azzardiamo a dire che in realtà si tratta di un romanzo attorno a un processo, un romanzo in cui il processo funge da terreno e pretesto per un’indagine sull’animo umano, sulle relazioni sociali e di coppia, sui pregiudizi di genere e di nazionalità. Indagine che la Huch svolge da una prospettiva squisitamente femminile (attenzione!: non femminista), e per ciò estremamente attenta a quei particolari che
generalmente sfuggono agli uomini o che gli uomini sottovalutano.
Al centro dell’attenzione l’autrice pone due personaggi: da una parte ovviamente il dottor Sigismondo Enea Deruga, stimato medico italiano, accusato di aver assassinato con il curaro la giovane ex moglie tedesca Mingo Swieter (siamo a Monaco di Baviera) per impossessarsi del suo patrimonio come unico erede testamentario; e dall’altra la baronessa Truschkhowitz, cugina di Mingo e principale accusatrice di Deruga, che senza quel testamento a favore di Deruga sarebbe diventata erede universale della defunta. Intorno all’asse Deruga-Truschkhowitz si alternano diversi e ben tratteggiati personaggi: dal bonario presidente del tribunale al tenace ma non persecutorio pubblico ministero, dal difensore di Deruga, tormentato dai dubbi sul comportamento del cliente che ben poco fa per difendersi dalla pesantissima accusa di omicidio premeditato, alla fedele domestica della defunta, che della defunta sa tutto ma proprio tutto. Sarebbe bello presentarveli tutti, questi gustosi personaggi, l’uno diverso dall’altro, ciascuno costruito dalla Huch e fatto muovere con un’abilità da finissima conoscitrice dell’animo umano.
Nel procedere nella lettura e nel fare la progressiva conoscenza dei personaggi che animano il romanzo, abbiamo provato la sensazione tattile di chi prende in mano, una alla volta, delle bellissime marionette magistralmente scolpite nel legno e altrettanto magistralmente agghindate. Perché i personaggi della Huch, con le loro entrate e uscite di scena danno vita a un delizioso teatrino (non sarebbe difficile volgere il romanzo in copione teatrale), che la Huch utilizza con divertita sapienza per traghettare il dottor Deruga dall’imputazione di omicidio premeditato a …. la condanna?, l’assoluzione? Per saperlo mettetevi comodi e godetevi il libro.
Non saremo noi a rovinarvi il gusto del dessert!
Ho letto con piacere la sua recensione. Vorrei segnalarle che di questa autrice Ponte alle grazie nel 2017 ha pubblicato L’ultima estate, interessante racconto breve.