Recensione: Il capro espiatorio - la vittima sacrificale Recensione: Il capro espiatorio - la vittima sacrificale

Recensione: Il capro espiatorio – la vittima sacrificale

Recensione: Il capro espiatorio - la vittima sacrificale Recensione: Il capro espiatorio - la vittima sacrificaleIl capro espiatorio
di August Strindberg
tradotto da Franco Perrelli
Carbonio Editore

Chiunque pensi che le emozioni contrastanti siano vaghe non ha mai incontrato il lavoro di August Strindberg. Lo scrittore, vissuto tra il 1849 e il 1912, è considerato in Svezia il padre della letteratura svedese moderna ed è noto come saggista, pittore, poeta, ma soprattutto come romanziere e drammaturgo, anche se negli altri paesi è la sua produzione drammaturgica ad essere più nota.

A cura di Carbonio Editore, è uscito, recentemente, Il capro espiatorio, l’ultimo dei romanzi autobiografici di Strindberg. Il testo, infatti, fa parte di un gruppo di romanzi come Il figlio della serva, sull’infanzia e l’adolescenza, e include l’inquietante Inferno, incentrato sui suoi problemi coniugali, dove anticipa i pericolosi giochi di guerra domestica che attraversano il ventesimo secolo e le passioni distruttive tipiche dei film noir.

Il romanzo è stato scritto prima di La sonata degli spettri, il suo dramma espressionista, da cui però si allontana per lo stile.

Il capro espiatorio è, infatti, più vicino a un’ironia delicata che sfuma in un pathos rigoroso, oltre a subire influenze dal naturalismo francese. Il protagonista della storia è l’avvocato Edvard Libotz, calunniato e destinato a una vita fatta di estraniamento e disperazione in uno squallido paesino di montagna. Il personaggio può essere considerato una proiezione del dilemma psicologico di Strindberg stesso in quanto fin da subito ne vediamo l’anima schiacciata. Libotz è un santo stolto che ispira subito un odio istintivo nell’arrogante materialista Askanius, nell’imbroglione Tjarne e in Karin, quest’ultima identificabile con la perfetta incarnazione della doppia moralità borghese.

La storia si sviluppa tra momenti di intensità e umorismo astringente, dove il senso di frustrazione diventa vivo e ancora più palpabile grazie a una prosa fredda e discreta, caratteristica che, nella versione curata da Carbonio Editore, viene mantenuta dalla traduzione di Franco Perrelli, professore ordinario di Discipline dello Spettacolo ed Estetica presso l’Università di Bari, che firma anche la prefazione del libro.
Il prof. Perrelli non crea una semplice trasposizione delle parole dalla lingua di origine alla nostra, bensì calibra le parole più adatte che possano trasmettere la forza artistica di Strindberg, traghettando il pubblico italiano verso una conoscenza non solo letterale ma anche emotiva dello scrittore.

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