Recensione: Idia ascoltami – La strada per tornare
Idia ascoltami
di Enrico Inferrera e Filomena Lombardo
Edizioni Creativa
Destano sempre curiosità letteraria i romanzi scritti a quattro mani. E incondizionata ammirazione, anche solo per il fatto che, per l’appunto, sono stati scritti a quattro mani.
Perché non si tratta, come nelle sonate per pianoforte, per lo più di seguire il medesimo spartito duplicando e/o armonizzando gli effetti sonori, bensì di edificare un unicum letterario apportando contributi differenti, differenti ispirazioni e magari partendo da imprinting formativi e culturali molto diversi fra loro.
Ed è proprio il caso del sodalizio Filomena Lombardo/Enrico Inferrera. Docente di materie letterarie in quel di Varese e appassionata di archeologia classica lei, imprenditore al vertice di Confartigianato Napoli lui. Pedigree ben diversi, dunque. Ma i due hanno una passione in comune: scrivere romanzi. E si sono così incontrati, per confezionare a quattro mani questo “Idia ascoltami”, breve romanzo (o racconto lungo, a seconda dei punti di vista) nel quale ciascuno ha “messo del suo”, spartendosi equamente lo spazio e gli interventi, attraverso un botta e risposta a capitoletti alternati, in un duetto armonico e ben costruito.
Lui (Angelo) è un quarantenne capitato non si sa come e perché (un naufragio?) in un’isola apparentemente deserta. È nudo come mamma l’ha fatto. E la sua nudità non è solo fisica. È totale, è nudità anche dello spirito.
Lei (Idia) è un personaggio conosciuto dagli habitués della mitologia greca: si tratta di una ninfa oceanina, per l’esattezza l’ultima figlia di Oceano e Teti. “Due strumenti solisti in perfetta sintonia”, così ce li presentano gli autori nel prologo, avvertendoci che i due solisti “si alterneranno, ma spesso vi sembrerà di ascoltarli insieme”.
Non vogliamo, né possiamo, anticiparvi una trama. Perché trama non c’è. C’è, piuttosto, un avanzare, faticoso e confuso, punteggiato di ostacoli e interrogativi, del naufrago Angelo dallo stordimento alla riappropriazione di sé, dallo smarrimento della propria identità alla riconquista della consapevolezza. Angelo è un Odisseo contemporaneo, che si ritrova sulla spiaggia di una Itaca di cui non riconosce i confini, non rammenta la morfologia. Un Odisseo che sa di aver perduto tutto e di ritrovarsi denudato, ma non ha contezza di quel che deve fare e si muove a tentoni. Angelo è anche la personificazione del mito platonico della biga alata, auriga del cielo precipitato rumorosamente al suolo che affronta una tormentata riappropriazione della conoscenza delle cose.
In questo faticoso percorso di riappropriazione di sé e della realtà delle cose, il nostro moderno Odisseo è aiutato dall’oceanina Idia, che lo conforta, ne interpreta le angosce e lo guida verso la salvezza attingendo alla cornucopia della mitologia.
Nasce così un dialogo tra i due – un dialogo evidentemente mentale, telepatico – nel quale Angelo registra il proprio procedere a tentoni e Idia apporta conforto e strumenti di guida attingendo (come detto prima) alla mitologia.
Ecco di che cosa è fatto questo breve romanzo. Che potrebbe benissimo essere portato sul palcoscenico per costituire (quasi senza necessità di adattamenti) un intrigante dialogo teatrale. Soprattutto perché, come in tutti i dialoghi teatrali che si rispettino, “Idia ascoltami” non ha un epilogo, una soluzione; non approda a un gran finale. Il dialogo semplicemente sfuma, si abbassano lentamente le luci, il palcoscenico resta vuoto.
E noi chiudiamo il libro lasciando un Angelo/Odisseo che dice: “La strada per tornare al mio mondo è oltre quella porta” e un’Idia che invoca: “Oh Zeus, proteggilo tu! Proteggi anche me”.
Complimenti un’ottima recensione. Eucharistò.