Recensione: "Espatriati ed esuli nella storia della conoscenza 1500-2000", migrazioni e progresso Recensione: "Espatriati ed esuli nella storia della conoscenza 1500-2000", migrazioni e progresso

Recensione: “Espatriati ed esuli nella storia della conoscenza 1500-2000”, migrazioni e progresso

Quando si perdono i limiti certi in cui si è cresciuti, si diventa orfani di un orizzonte e questo rende la nostra vita complessa, la società estranea e ogni tentativo di costruire qualcosa, incerto. Siamo come i “bimbi sperduti” di Peter Pan: desiderosi di qualcuno che ci racconti delle storie che conosciamo da sempre, bisognosi di ritrovare confini ma anche di scoprire nuovi orizzonti.Recensione: "Espatriati ed esuli nella storia della conoscenza 1500-2000", migrazioni e progresso Recensione: "Espatriati ed esuli nella storia della conoscenza 1500-2000", migrazioni e progresso

Esilio è una parola antica, presente in molte lingue europee. Dante la usa per descrivere appunto lo stato di esilio, condizione che conosceva bene. Ariosto riferendosi a qualcuno che è fuggito, usa la parola profugo. Il termine ebraico per descrivere le migrazioni è galut.
Machiavelli si serve del più neutrale “fuoriuscito”, qualcuno che è «andato fuori». In Spagna il termine tradizionale era destierro, «sradicamento», concreto riferimento alla perdita della terra natale.

In realtà un esule può sentirsi sradicato o trapiantato.

Tendere a un trapianto e non a uno sradicamento è la vera sfida sociale dei nostri tempi.
Mai come oggi è importante cercare di dare dimensioni differenti alla condizione di esule, fuggitivo, fuoriuscito, immigrato o sradicato. Non con la presunzione di trovarne la dimensione perfetta per tutte le variabili umane, ma col coraggio di non smettere di sondarle. Questa ricerca, che ci riporta al superamento dei nostri confini, è il fondamento di questo testo, un tentativo di dipingere un’immagine di umanità che cambia, impara, evolve, si sprovincializza, atraverso la conoscenza e il contatto col diverso.

I motivi per cui si lascia la propria terra sono molteplici. Si va dagli «espatriati», migranti volontari, persone «attratte», attirate verso un nuovo paese, e non «spinte» fuori dalla terra natale, anche se spesso la scelta è dolorosa e praticamente obbligata; ai veri e propri deportati in paesi ospiti.
In tutti i casi non avvieme mai nulla di unilaterale, «acculturazione» e «assimilazione» dimostrano che il cambiamento si verifica per entrambi i protagonisti dell’incontro.

Il libro si prefige di documentare storicamente gli effetti positivi che il fenomeno dell’espatrio produce dal punto di vista del progresso intellettuale, percorrendo un arco temporale che va dal XV secolo all’epoca contemporanea. Lo fa attraverso nomi celebri e menti eccelse, trattando anche di situazioni poco note, come il giornalismo arabo e gli esodi religiosi.

In realtà è la storia del diffondersi della conoscenza globale.

Il contatto infatti, tra cultura di partenza e quella del paese di arrivo, fa in modo che espatriati ed esuli contribuiscano all’avanzare e al diffondersi della conoscenza. Nuove informazioni, stili di pensiero, modi di fare, si mescolano, aprono le menti e sprovincializzano la cultura.
Fin dall’antichità la circolazione del pensiero, ha prodotto emancipazione e progresso.

Dopo la caduta di Costantinopoli, ci fu un costante esodo di studiosi greci in Italia, essi insegnarono a leggere i testi greci nella lingua originale. Il motto dell’Umanesimo “ad fontes”, risalire alle fonti, non avrebbe potuto essere messo in pratica senza l’aiuto degli “esuli”.

Leggere Aristotele e Platone evitando i fraintendimenti delle traduzioni latine da traduzioni arabe, permise di assorbirne l’essenza.

Oggi la fuga di cervelli è un fenomeno drammaticamente evidente. In alcun periodi e luoghi è stato una fuga necessaria alla sopravvivenza. Si pensi a tutti i rifugiati politici, alle grandi “intolleranze”per etnia o religione. La storia della conoscenza si lega alla storia delle diaspore, e spesso entrambe sono storie di tragedie umane. Lo stesso fascismo in Italia produsse una emoraggia di grandi menti, un nome tra tutti, Enrico Fermi. La letteratura sulla diaspora italiana è alquanto scarna, e forse andrebbe approfondita. Salvemini, Piero Staffa, Max Ascoli, Lionello Venturi, e tanti altri, si rifiutarono di firmare il giuramento a Mussolini e dovettero lasciare l’Italia regalando ai paesi ospiti la loro grande cultura e il loro prezioso contributo al progresso. Ma varcando i confini di un visione puramente nazionalista, questo dimostra ancora una volta che nel bilancio della vita culturale umana, l’espatrio, volontario o subìto, è sempre un guadagno piuttosto che una perdita. Le conoscenze sono soprattutto quelle «trasferite», «trapiantate», o «tradotte».

Oggi più che mai è una lezione da tenere presente, in questo clima pericolosamente inclinato al nazionalismo.

Il bisogno di sapere diventa urgenza e mai libro fu più cronologicamente puntuale, nel mostrare un motivo valido per uscire dalla ristrettezza degli attuali confini politici e di pensiero, verso qualcosa di più grande, che accolga le differenze e le superi.

Ogni persona in terra straniera vive il trauma dello sradicamento, il senso di insicurezza, l’isolamento e la nostalgia per il paese di origine, insieme ai problemi pratici come la disoccupazione, la povertà, le difficoltà di una lingua che non si conosce, i conflitti con altri esuli e con la paura o l’odio per gli immigrati da parte dei locali.

L’esilio comporta una vera e propria perdita dell’identità della persona.

Per questo motivo questo è un testo da leggere tutti e da regalare alle giovani menti, perchè non abbiano timore nel considerarsi a casa in qualsiasi parte di questo, in fondo, minuscolo pianeta.

La conoscenza può contribuire alla comprensione del presente attraverso il passato.

Al momento predomina una cultura che ha separato e diviso, catalogato e giudicato ogni cosa, ogni azione, ogni pensiero ed emozione secondo la falce ideologica dell’estremo giusto e, quindi, dell’estremo sbagliato. Dato che molto spesso le filosofie antiche hanno indicato, in anticipo sulla scienza, alcuni territori utili da conoscere ed esplorare, magari anche in questo caso è possibile riscoprire qualcosa di interessante: la conoscenza è il linguaggio del cuore.

Peter Ulick Burke è nato a Stanmore nel 1937.
Studioso e propugnatore della dimensione sociale della storia, è ritenuto uno dei più autorevoli e noti storici europei. È considerato, inoltre, uno dei più competenti studiosi del periodo del Rinascimento italiano al quale ha dedicato importanti testi. Come storico ha dato un contributo fondamentale curando il volume Storia dell’umanità commissionato dall’UNESCO nel 1999. Conferenziere instancabile, ha tenuto conferenze nelle università e nei luoghi più disparati del mondo, dalla Repubblica Popolare Cinese al Giappone, dalla Nuova Zelanda all’India.

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