Recensione: Corpo a corpo – il ring della vita
Corpo a corpo
di Elena Mearini
Arkadia Edizioni
Corpo a corpo, l’ultimo romanzo di Elena Mearini, inizia con un KO, incassato in un appartamento di Milano e non sul ring. E a finirci, a tappeto, è Stefano Santi, l’uomo che porta nel cognome un pezzo di paradiso. Il professore di liceo, ex boxer, in una lotta dove i ruoli di carnefice e vittima sono intercambiabili, uccide Marta, sua compagna ed ex allieva, sorella di Ada, essere fantastico che incarna la perfezione e che si è inspiegabilmente suicidata quando era poco più di un’adolescente. Non faccio spoiler svelando in questo mio breve pitch il nome dell’assassino di Marta, perché tutto avviene nelle prime pagine del breve e intenso romanzo. Stefano vuole comprendere il perché del terribile gesto che ha compiuto – lui non è un uomo violento. Quali cose non sa di se stesso? Si reca dall’unica persona che sa potrà soccorrerlo.
Mario è un ex pugile, adesso lavora in una piccola palestra fuori città. È stato anche il primo e unico allenatore di Stefano, appena tredicenne; Mario e la boxe lo avevano aiutato a diventare adulto e a prendere le distanze da una famiglia complessa e problematica. L’anziano boxer accoglie Stefano nella vecchia palestra e gli concede il tempo di un giorno per raccontare, per capire e capirsi, per decidere se vivere da uomo libero o prigioniero della paura. La narrazione di Mario passerà anche attraverso la lettura del diario di Marta.
È un romanzo sulla complessità delle relazioni, sulla solidità di alcuni rapporti e la fragilità di altri. Sui miti moderni, che possono portare alla disfatta, uno su tutti quello della perfezione, che tormenta Ada e Marta, anche se con pesi diversi.
Ada non era felice… La sua perfezione era una di quelle armature che indossavano nel Medioevo, quando la prof di Storia ci ha detto che mettevano maglie di metallo e piastre stavo per sentirmi male. Loro poi potevano levarsele per andare a dormire, mia sorella invece no, teneva l’armatura anche nel sonno, secondo me non riusciva a liberarsene nemmeno in sogno. Povera Ada.
Lo sport del pugilato, usato come metafora della vita, scandisce i capitoli, precisi e delimitati dal trascorrere del tempo, così come avviene per ogni combattimento che si affronta sul ring.
Dice Mario a Stefano, per esortarlo a parlare:
«Lucido, devi restare lucido e vigile, come si fa nei tempi morti del ring, quando i colpi non partono e gli avversari si studiano. Altrimenti come lo capisci l’istante giusto e il punto esatto in cui colpire? Altrimenti come la decidi la strada che tra qualche ora dovrai prendere? Il sole si è alzato, e non si rimette certo a dormire per farti un favore.»
Elena Mearini, poeta oltreché autrice di romanzi importanti che le hanno fatto ottenere numerosi riconoscimenti (È stato breve il nostro lungo viaggio, Cairo, selezionato per il Premio Strega 2018 e finalista premio Scerbanenco, I passi di mia madre, Morellini, candidato al Premio Strega 2021, per citarne solo due) con una scrittura attenta ed emotiva, ha la capacità di passare dalla prima persona maschile del protagonista, alla prima persona femminile delle pagine del diario di Marta, e di rendere del tutto credibili i personaggi, con i quali le lettrici e i lettori riescono senza difficoltà a empatizzare.
Corpo a corpo è un romanzo che avvince, che non si fa lasciare facilmente. Vi ho trovato due interessanti chiavi di lettura: la prima più rapida, connessa con la trama che si sviluppa attraverso cliffhanger e colpi di scena abilmente inseriti in modo da mantenere sempre attenta l’attenzione, la seconda più lenta, quasi rilassata, cullata dalla bellezza della scrittura, che costruisce frasi eleganti, da leggere e rileggere quasi fossero poesie.