Recensione cinema: Upon Entry – L’arrivo. La frontiera come barriera?
Upon Entry – L’arrivo
Regia: Alejandro Rojaas e Juan Sebastian Vasquez
Interpreti principali: Alberto Amman, Bruna Cusì, Laura Gómez, Ben Temple, Nuris Blu
Produzione: Spagna 2022
Genere: Dramma, thriller psicologico
Durata: 77 minuti
Distributore: Exit Media
Premi: Goya, Independent Spirit awards
Secondo Camus, il mondo raccontato da Kafka assomiglia a un universo indicibile, non perché non vi siano parole per descriverlo, quanto piuttosto per la presenza di due condizioni contrastanti: l’assurdità e l’aspirazione alla grandezza.
In Upon Entry, avvincente opera prima dei registi Alejandro Rojas e Juan Sebastiàn Vasquez, questi poli contrastanti esercitano il loro influsso durante la messinscena. Il film presenta la storia di Elena (Bruna Cusì) e Diego (Alberto Amman), una coppia ispano-venezuelana che, dopo aver vissuto a Barcellona, sceglie di trasferirsi negli U.S.A.
Ad attenderli però nessun tappeto rosso, ma due zelanti agenti di polizia doganale, rispettivamente interpretati da Laura Gómez (Orange is the new black) e Ben Temple (Nessuno vuole la notte). Il destino dei due fidanzati dipenderà dall’esito della valutazione dei due agenti.
Eccezion fatta per le due brevi sequenze iniziali, l’intera azione è contenuta in una sola location: lo scalo newyorkese che dovrebbe condurli a Miami. Eppure, il tempo e le emozioni continuano a scorrere.
Al termine della visione di Upon Entry – e non soltanto là – non si esce con delle risposte ma con più dubbi di prima.
L’opera riesce a condensare in appena 77 minuti le ansie e le speranze di due giovani che desiderano essere liberi nella terra dei liberi, un altro paradosso da accettare nel film e non solo.
Upon Entry, dopo l’anteprima alla 16 ª edizione del Festival del cinema spagnolo e latinoamericano, debutterà nelle sale cinematografiche italiane il prossimo 1° febbraio 2024.