Recensione: “Chimere Nostre”- Ossessioni, tarocchi, Tasso.
Chimere Nostre
di Isabella Caracciolo
Editore Dei Merangoli
Man mano che si procede con la lettura di “Chimere Nostre”, la domanda che viene spontanea è: chi è, o meglio, cosa è Filippo? La risposta potrebbe apparire ovvia. Filippo, attore di teatro e con la passione, anzi l’ossessione per Torquato Tasso e la cartomanzia, è un uomo di trentatré anni. Figlio di Attilio ex famoso cantante lirico ora in disgrazia e di Cecilia, chimico e separata dal marito, del quale è ancora succube.
A questo punto può sembrare di aver trovato il bandolo della matassa. In realtà questo ci sfugge continuamente di mano per rientrare nel gomitolo e ingarbugliarsi sempre di più in un groviglio che sembra irrimediabilmente inestricabile.
Sopraffatti da questa confusione, anche se attratti dalla narrazione fluida e colorita dell’autrice, ecco che come un mantra appare “la poltrona verdolina” simbolo di una concretezza che riporta un pò di lucidità e serenità a Filippo.
Filippo è tanto, forse troppo. L’amore smisurato per il Tasso con il quale instaura un rapporto malsano, lo porta inevitabilmente a identificarsi con lui, fino a confondere le persone reali che Filippo incontra e conosce con i personaggi sofferti delle opere del drammaturgo. Un’altra domanda che ci si pone é: cosa sono le “Chimere”? Queste non sono altro che i paradossi partoriti dalla mente malata di Filippo di cui non ha piena coscienza.
Filippo è a volte dolce, buongustaio e amante del buon vino di cui spesso esagera, ma al tempo stesso profondamente depresso e violento con persone che non gli hanno fatto alcun male.
A nulla gli valgono i richiami della madre, del cugino Ippolito e del Pacifici, amico di famiglia, a fargli capire “che ha un problema”. Anzi, questi suggerimenti anche se fatti a fin di bene, lo irritano a tal punto da diventare violento e brutale.
Chimere Nostre non è un semplice romanzo ma, come spiegato nella postfazione dello psichiatra Mario Del Villano (postfazione che deve essere “rigorosamente letta alla fine del libro”, pena togliere quel minimo di suspense che ci avvince), è un viaggio onirico nei meandri della mente malata. Un viaggio che affronta interrogativi su questioni filosofiche, religiose e psicologiche non solo di Filippo, ma di tutti noi.
Quando Filippo si accorge che è cambiato, che tutto intorno a lui è irreale e deforme e che la sua mente vacilla senza scampo, “vorrebbe” ritornare Filippo. Il compromesso a cui dovrà arrendersi sarà salutare, ma doloroso e mai definitivo.
Romanzo vigoroso e cromatico, con la bella e intensa rievocazione dell’infanzia di Filippo a Viareggio con vividezza di colori, forme, suoni e odori, Chimere Nostre è un racconto dentro un racconto, una profonda meditazione sulla vita e la morte, sulla normalità e la follia, descritta non in un modo distaccato e astratto ma fortemente partecipato e intenso.
Isabella Caracciolo nasce nel 1963 a Pisa e nel 1970 si trasferisce a Roma, dove si laurea in Letteratura Italiana con una Tesi su Tommaso Landolfi, scrittore, traduttore e glottoteta. Su Landolfi pubblica due saggi, il primo nella raccolta La liquida vertigine (2001), il secondo sulla rivista Paragone (agosto-dicembre 2007). Dal 2011 vive e lavora in Francia e nel 2013 pubblica la novella Ritratto a dispetto. Chimere nostre è il suo primo romanzo.