Recensione: “Chi nasce a San Giuda” – Denaro e tradimenti
Chi nasce a San Giuda
di Gabriele Dolzadelli
Morellini Editore
Nella frase di F. de La Rochefoucauld (“È più vergognoso non fidarsi dei propri amici che esserne ingannati”) scelta dall’autore come esergo, possiamo intuire il filo conduttore del romanzo di Gabriele Dolzadelli: una storia di amicizia che si sgretola tragicamente.
Gli omicidi e i “tradimenti” in nome del dio denaro, si susseguono a catena, come del resto suggerisce il nome di fantasia del paese in cui si svolge la vicenda, con riferimento al traditore per antonomasia.
Nel Prologo, infatti, troviamo l’episodio chiave che darà origine all’intera vicenda e cioè il sotterramento di una valigetta contenente un’ingente somma di denaro; nei capitoli successivi si narra il suo ritrovamento da parte dei componenti di una compagnia di amici che si frequentavano da bambini, ma che poi avevano preso strade diverse.
La trama si snoda a partire proprio da un biglietto enigmatico grazie al quale viene ritrovata la valigetta, inizialmente sembra quasi di assistere al gioco infantile di una caccia al tesoro, ma poi prevale in ciascuno di loro il desiderio esclusivo del suo possesso e allora il gioco si fa duro, portando inevitabilmente alla tragedia.
“Sai, c’è un detto da queste parti…Si dice “Chi nasce a San Giuda muore a San Giuda”, sono le parole con cui il padre di Jacopo, uno dei componenti della combriccola, saluta Alice, la fidanzata del ragazzo, desiderosa anche lei di rifarsi una vita allontanandosi da quel “paese montano così insignificante che ben poche persone la sceglievano come meta e le poche e vecchie anime del posto non avevano alcuna ambizione oltre i propri confini” e quel detto popolare si avvera anche per lei.
Potremmo classificare “Chi nasce a San Giuda” come un romanzo di genere psicologico, perché scava nel nostro animo per tirare fuori tutto quello che d’inconfessato abbiamo dentro: leggendo le esternazioni dei personaggi, razionalmente siamo portati a condannarli, anche se in alcuni momenti ci chiediamo cosa avremmo fatto noi nei loro panni.
Potremmo anche affermare che si tratti di un romanzo di genere giallo-noir, anche se non in senso classico: la storia narrata ci tiene ugualmente col fiato sospeso in quanto il nome di colui che muove le fila viene fuori soltanto nelle ultime pagine dell’Epilogo e, come nella scena finale di un film, si conclude con “le note di una canzone”, quella dei Dire Straits in cui si parla, appunto di “money”.