Recensione: Bébi, il primo amore – le mille sfaccettature del cuore umano
Bébi, il primo amore
di Sándor Márai
Tradotto da Laura Sgarioto
Adelphi Editore
Una delle mie ultime letture effettuate in treno è stata “Bébi, il primo amore” di Sándor Márai, tradotto di recente in italiano (disponibile da giugno 2024) ma scritto nel 1928 quanto lo scrittore ungherese Márai aveva appena ventotto anni. Non risultano esserci ancora delle traduzioni in inglese. Già pubblicato in francese come Premier Amour nel 2008 da Albin Michel e tradotto da Catherine Fay. Disponibile anche in polacco e slovacco.
Il titolo originale ungherese è “Bebi, vagy az elsö szerelem”, che suona più o meno come “Bebi o il primo amore”.
Il racconto inizia in modo molto introspettivo e in prima persona, per quanto mi riguarda, l’ideale per delle letture per chi vive la metà della sua vita su un treno.
Del narratore Gaspar all’inizio non conosciamo neppure il nome ma entriamo da subito con l’intimo dei suoi pensieri, del suo ragionamento e delle sue fobie.
Conosceremo il nome quasi a metà narrazione e ci sembrerà d’averlo sempre conosciuto.
Egli è un insegnante di latino di cinquantaquattro anni, che vive nella città ungherese di Z intorno al 1912 e non è mai stato sposato. L’unica volta che ha avuto una relazione che sembrava potesse portare da qualche parte è stata con una donna di nome J. e non ha funzionato. Di tanto in tanto si reca al bordello locale, ma la sua attività sessuale si limita a questo.
Ci facciamo subito l’idea di una persona solitaria senza veri amici. Frequenta regolarmente una sorta di club sociale, solo per chiacchierare.
Si accorge che l’avanzare del tempo e dell’età lo hanno cambiato anche in altri modi, non solo nei piccoli, importanti, cambiamenti nelle sue quotidiane consuetudini da abitudinario cronico. Di colpo si rende conto di essere veramente solo, dal momento che non esiste una sola persona al mondo con cui vorrebbe condividere qualcosa. Comprende, al contempo, di non essere molto felice di quanto realizzato.
Andando al suo solito club vede una pubblicità per una vacanza in Brasile e la cosa lo sconvolge perché non riesce a comprendere chi mai nella città di Z potrebbe desiderare di andare in Brasile o permettersi di farlo.
La narrazione prosegue con queste e altre interrogazioni secondo il suo solito stile lirico e introspettivo che cattura persino le emozioni più sottili, accompagnandoci sul filo dei nostri più intimi ricordi e sentimenti; ci porta, persino, a riflettere sulle loro occorrenze. Il tono delicato e – a tratti – contemplativo della narrazione avvicina il racconto alle esperienze dei singoli vissuti e, in questo, può raggiungere valenze quasi universali.
Ci troviamo dinanzi a un’opera adatta e chi predilige storie che analizzano a fondo le mille sfaccettature del cuore umano, esplorando il potere dei ricordi e l’impatto delle prime esperienze emotive di quei nostri primi amori che si presentano alla memoria in quella loro bella forma così pura, giovanile e delicata. Delicata e intima come questa narrazione che trova la sua forma e la sua forza in quel ricordo che trasforma e cristallizza i vissuti, fornendo un significato più grande.