Recensione: Annali AAMOD 20. La conquista dell’Impero e le leggi razziali tra cinema e memoria. Il sale sulla ferita.
Annali AAMOD 20.
La conquista dell’Impero e le leggi razziali tra cinema e memoria.
Edizioni Effigi.
Questo libro è il sale.
Il sale su una ferita nascosta e mai curata.
Realizzato in seguito all’omonima manifestazione svoltasi nel 2018 alla Casa del Cinema di Roma, il numero Venti degli Annali AAMOD è un volume monografico, coordinato da Paola Scarnati e a cura di Carlo Felice Casula, Giovanni Spagnoletti e Alessandro Triulzi.
Sa di sale fin dalla prefazione: “il lato oscuro e miserabile dell’Italia”, in cui Vincenzo Vita, con parole taglienti sfiletta e smaschera la brutalità del colonialismo, praticato sull’onda di una ideologia razzista, mai totalmente esauritasi in Italia.
Gli italiani non sono “brava gente”. O almeno non solo. Ma questo non è il peggior male: invece che nascondere il lato oscuro di noi stessi, per lasciare in evidenza solo le apparenze, abbiamo occasione di conoscere parola dopo parola, i nostri confini e affrontarli. O comunque comprenderli, invece di ignorarli.
«La conquista della terra, – ha scritto Joseph Conrad in Cuore di tenebra – che più che altro significa toglierla a chi ha un diverso colore della pelle e il naso un po’ più schiacciato del nostro, non è una bella cosa a guardarla, a guardarla da vicino».
Anche a guardarla da lontano, dalla distanza di oltre 80 anni, l’occupazione delle colonie da parte dell’Italia non sembra davvero una bella cosa. La verità è che non esiste alcuna impresa coloniale che non abbia celato in parte o del tutto una «pura e semplice rapina armata, omicidio aggravato su vasta scala».
Ciò che fecero gli italiani, fu anche peggio. Le truppe italiane portarono un uragano di fuoco contro un esercito, decisamente meno armato, e contro una popolazione civile inerme, impegnando senza risparmio artiglieria, bombardamenti e mitragliamenti aerei, e commettendo una serie infinita di crimini contro l’umanità. Fu una guerra di sterminio, nessuna forma di atrocità fu risparmiata al popolo invaso dall’invasore italiano.
Mussolini autorizzò l’uso dei gas tossici, ordinò di non rispettare i contrassegni della Croce Rossa, consentì la distruzione di 17 installazioni mediche.
Eppure fin’ora sembra che l’unica eco rimasta nella nostra memoria sia un cinismo ignorante: ci troviamo ad affrontare problemi di razzismo che sono stati generati da quel “noi” di 82 anni fa.
Questo volume allora sparge un pò di sale.
Fa una indagine minuziosa del contesto storico e sociale dove ha preso vita questo passato colonialista, attraverso documenti audiovisivi, film di successo, documentari “istruttivi” e cinegiornali dell’istituto Luce. Fino ad arrivare ad indagare sul crescere della consapevolezza attraverso la produzione attuale del cinema di finzione e documentario.
“La rimozione dell’esperienza coloniale, a parte il luogo comune della costruzione di strade ecc., e il mito degli Italiani brava gente”, sono quanto ci resta di un passato che non è mai stato affrontato criticamente.”
Paola Tabet sociologa e antropologa italiana, circa trenta anni fa condusse una ricerca presso centinaia di scuole italiane, elementari e medie, dal Veneto alla Sicilia. Più di settemila bambini furono invitati a svolgere il tema “Se i miei genitori fossero neri”. Da quei temi emerge un immaginario infantile denso di paure e di immagini negative dell’alterità.
L’età dei bambini coinvolti, l’immediatezza e la forte carica emotiva dei loro lavori, che non si nascondono dietro l’ipocrisia e l’ostentazione dei buoni sentimenti, mettono definitivamente in crisi l’affermazione per la quale “gli italiani non sono razzisti”.
I bambini di allora oggi sono elettori, genitori, formatori di opinione, membri della classe dirigente. Con il passare degli anni di certo non sono cambiati.
Diceva Einstein: “È più facile spezzare un atomo che un pregiudizio”.
Le ideologie si diffondono attraverso testi persuasivi, nel nostro caso i testi in questione erano testi audio-visivi. I processi di propagazione delle ideologie sono fenomeni storici profondamente radicati nel contesto generale: quello del fascismo al potere e delle strategie con cui cercò di allargare le sue basi di consenso per stabilizzarsi e raggiungere i suoi obiettivi.
Sicuramente l’uso del cinema contribuì a diffondere una immagine mitologica e stereotipata dell’Africa e delle popolazioni che l’abitavano.
Ci fu un vero e proprio controllo sulle politiche della memoria, anche negli anni successivi al colonialismo, nel documentario contemporaneo italiano. Scrollarsi di dosso tutta una serie di convinzioni e maschere, è una fatica immane a cui difficilmente si ama sottoporsi.
Chiude il volume una filmografia ragionata dei documenti audiovisivi sull’Africa (1956-1989), conservati presso l’Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico. In Appendice, inoltre, sono raccolte le schede di alcuni film presentati in rassegna.
I titoli che vanno dal 1937 al 2018, sono meritevoli di una attenta e ragionata visione. Tra essi: Italia vittoriosa (regia sconosciuta, 1937), Porrajmos, parole in musica (Fabio Parente, Luca Ricciardi, Matteo Parisini, 2010), Pagine nascoste (Sabrina Varani, 2018).
Che cosa accade oggi? Accade che abbiamo fallito. Fallito nell’ammissione della colpa e nella redenzione. Oggi non abbiamo più scuse. Il male siamo noi, ogni giorno, nelle piccole, grandi, azioni: la disattenzione verso il prossimo, la rabbia senza conoscenza e comprensione, le ideologie di superiorità, il sessismo, il razzismo e lo specismo.
Ma soprattutto l’accidia, il lasciare che le cose si svolgano, la deresponsabilizzazione verso un passato inglorioso.
Un passato che ogni giorno bussa alle nostre porte attraverso i migranti che lambiscono le nostre coste.
Il sale che brucia le nostre ferite nascoste e mai curate, è quello che il mare forma sulla loro pelle in attesa di una mano tesa.