Recensione: "A una certa distanza" il paradigma della lontananza Recensione: "A una certa distanza" il paradigma della lontananza
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Recensione: “A una certa distanza” il paradigma della lontananza

Recensione: "A una certa distanza" il paradigma della lontananza Recensione: "A una certa distanza" il paradigma della lontananza

A una certa distanza
Leggere i testi letterari nel nuovo millennio
di Franco Moretti,
editore Carocci,
collana Sfere

Un titolo, se ben studiato, può arricchire un volume, completarlo, le parole del titolo possono essere considerate alla stregua di una nota aggiuntiva che corredi l’opera di ulteriori significati.
“A una certa distanza” induce a una sorta di smarrimento iniziale, che obbliga il lettore a una riflessione suscitando una nuova chiave di lettura. Ma il titolo non indica solo un’altra strada, contiene per intero l’essenza del volume.

“A una certa distanza” è la traduzione dall’inglese di “distant reading”, l’insieme eterogeneo degli scritti di Franco Moretti: teoria e sperimentazione del suo metodo di critica letteraria.
Traslare l’inglese Distant reading nell’italiano, A una certa distanza, pone l’accento sul tempo che scorre e sullo sguardo postumo dell’autore sui suoi stessi scritti. Quindi ne fa un libro del tutto nuovo e differente dall’originale tradotto, che racchiude quasi un ventennio di studi.

In Italia il libro arriva tardi, ma il ritardo consente appunto un bilancio retrospettivo. Formato da 10 saggi, ognuno di essi ha prodotto nel tempo un filone di studi, con sostenitori e oppositori.
Vedere da lontano la letteratura vuol dire allontanarsi dal singolo testo e considerarla per grandi gruppi: un genere, una scuola stilistica, o insiemi ancora più vasti come, citando uno dei capitoli del libro, il romanzo inglese dal 1740 al 1850.

La “lettura da lontano” ricercava elementi e fenomeni letterari ricorrenti in centinaia se non migliaia di testi, sia che essi fossero contemporanei, sia che si ripresentassero in epoche differenti. I tradizionali metodi di analisi e lettura non erano sicuramente capaci di assolvere a questa funzione che guardava ai testi nella loro totalità e non nella specificità.

Il distant reading, è un vero e proprio “paradigma gnoseologico”. Un modello di riferimento, di paragone, che delinea i limiti della conoscenza, le sue potenzialità, i suoi criteri. Moretti sentiva l’esigenza di trovare un modello teorico appunto, adatto allo studio della lettaratura mondiale. Una metodologia alternativa che rinunciasse e superasse la semplice lettura dei testi. Era sicuramente un progetto ambizioso che cercava di arginare l’ostacolo di una pratica ritenuta inaffidabile perchè troppo intrisa delle dominanti ideologie occidentali e poco aperta quindi a creare un vero e proprio studio sistematico della letteratura mondiale.

L’autore stesso nel descrivere il suo intento fa un parallelo con Northrop Frye, il quale diceva di un simile approccio in pittura che, se ci si allontana da un quadro, non si vedono più le singole pennellate, ma in compenso si individua una struttura d’insieme che da vicino è impossibile riconoscere.

Sul piano teorico, Moretti è categorico: il testo non è più oggetto di studio perchè non più letto. I suoi oggetti di studio diverranno le macro-categorie alle quali i testi corrispondono, e tutte le componenti formali di cui essi sono composti, cioè lo studio dei particolari: i titoli dei romanzi, l’analisi logica e grammaticale degli stessi, le località narrate, l’articolazione tematica dei paragrafi, la struttura per capitoli o meno.

In tal modo vengono a formarsi le “carte di geografia letteraria, gli alberi filogenetici delle forme, la stilistica quantitativa”, modelli dove l’ispirazione generale era tratta dalle scienze della natura più che dalle discipline umanistiche. Si sviluppa nel corso degli anni una metodologia che congiunge l’uso di larghi archivi digitali con varie forme di analisi computazionale.

La scrittura del Moretti è precisa e lineare, nella finta semplicità di una ricercata prosa, a volte eccede nella sicurezza di alcune sue affermazioni, quasi a risultare spesso provocatorio: «un continente che s’innamora di Milan Kundera faccia pure la fine di Atlantide»; «Gli Stati Uniti sono la patria del close reading e quindi non mi aspetto che questa idea possa attecchirvi e avere fortuna»; e simili…

Ogni saggio è preceduto da una breve introduzione dello stesso autore, che in maniera autoironica racconta il nascere dei vari studi e spesso a posteriori, ne mette in discussione la valenza. Nelle stesse note in calce al volume Moretti, dà spazio alle obiezioni ricevute e ne riconosce la validità, mostrando una rara onestà intellettuale.

La sua idea di un “laboratorio” critico-letterario del resto non poteva non suscitare polemiche, perchè introduceva all’interno di una disciplina umanistica un modo di lavorare da sempre riservato alle materie scientifiche.

Tutto il carattere ironico e, allo stesso tempo, integerrimo dell’autore vien fuori in questo breve passo tratto dall’introduzione al capitolo Congetture sulla letteratura mondiale:

«…la definizione iniziale era stata data, dalle parole “serial reading”. Poi l’aggettivo “serial” scomparve e rimase “distant”. In parte si trattava di uno scherzo, un momento per allentare la tensione all’interno di un discorso serratissimo. Nessuno però l’ha voluto considerare uno scherzo e forse era giusto così.».

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