Personalizzazione, sostenibilità e gusto: il 2020 è l’anno della ghost kitchen
Luoghi di consumo, stili alimentari, ritmi di vita mutano ma la passione degli italiani per il ristorante e la cena fuori non tramonta. I dati FIPE, la Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi, all’interno del rapporto 2019, parlano chiaro: il settore della ristorazione sta conoscendo una stagione estremamente dinamica. Rispetto a un anno fa le imprese della ristorazione sono 336mila in più e ad aumentare è anche la spesa delle famiglie che raggiunge oltre gli 86 miliardi di euro nel 2019.
All’interno di un quadro ottimistico, si inseriscono altri dati che segnano invece come molte attività, ad appena un anno dall’apertura, chiudono i battenti, circa il 25%. Dopo appena tre anni abbassa le serrande quasi un locale su due, mentre dopo cinque anni le chiusure interessano il 57% di bar e ristoranti. “In questo contesto estremamente dinamico, il mercato si muove verso una direzione chiara: managerialità e format ristorativi possono essere la soluzione alla sofferenza delle imprese” afferma Marco Di Nicola, direttore commerciale di Progetti Ristorativi, industria alimentare attiva nel settore HoReCa con servizi specializzati di consulenza e cucina centralizzata.
I format ristorativi
Al ristorante gli italiani cercano e vogliono soprattutto i prodotti del territorio: sette consumatori su dieci prestano attenzione alla provenienza delle materie prime e il 54% vuole conoscere le origini dei piatti. “Il vantaggio di ricorrere a una cucina centralizzata risiede proprio in questo, nella capacità di gestire in modo capillare i propri fornitori e garantire il rispetto di norme specifiche nella scelta delle materie utilizzate” afferma Di Nicola.
Attenzione al cliente
In 10 anni la spesa degli italiani per mangiare fuori è aumentata di 4,9 miliardi. Per andare incontro ai nuovi consumi, oggi più che mai occorre conoscere le caratteristiche della clientela a cui ci si rivolge. I format ristorativi di successo sono quelli che puntano alle esperienze nuove e coinvolgenti, alla trasparenza e all’ecologia. Se fino a qualche anno fa i ristoratori destinavano tutti gli sforzi alla ricerca dei prodotti di qualità e alla creatività delle ricette, oggi parte di quelle energie vengono spese per comunicare l’impegno, le idee e la propria visione affidando la parte di ideazione del format e del menu a esperti in grado di ottimizzare la produzione.
Italian sounding
Il fenomeno del plagio e della contraffazione dell’italianità è duro a morire. Si moltiplicano i casi di concorrenza sleale anche all’estero con il fenomeno del plagio delle certificazioni di origine protetta e controllata. Per contrastare l`italian sounding c`è una rete di 2.200 veri ristoranti italiani certificati fuori dal nostro Paese; la questione non riguarda solo i prodotti della filiera agroalimentare, ma anche insegne e marchi registrati di ristoranti imitati all’estero. “Per questa ragione formalizzare i menu attraverso una produzione esperta e centralizzata, consente l’elevato mantenimento di standard qualitativi e organolettici e, di conseguenza, il rispetto delle ricette e delle pietanze che assicurano, così, un’autentica esperienza culinaria” continua Marco Di Nicola.
Sostenibilità
“I consumatori non solo investono di più, ma lo fanno in maniera sempre più mirata, andando a ricercare la miglior qualità dei prodotti locali e un servizio attento alla sostenibilità ambientale”. Sette consumatori su dieci prestano attenzione alle politiche green dei ristoranti: il 37,7% verifica, ad esempio, se è disponibile la doggy bag contro gli sprechi di cibo e il 36,7% chiede prodotti provenienti da allevamenti sostenibili secondo FIPE. “Abbandonare il vecchio concetto di ristorazione a vantaggio di un nuovo modello di business ristorativo in cui avere a disposizione una cucina centralizzata, o ghost kitchen che dir si voglia, rappresenta un valore aggiunto, un plus a sostegno dell’imprenditore che vuole proporsi e imporsi sul mercato in modo forte e innovativo” conclude Marco Di Nicola.