ORIZZONTE POSTUMO, il progetto teatrale che si interroga sul futuro dopo la pandemia
Quale orizzonte ci aspetta dopo la pandemia e cosa ci resterà di questo momento? A chiederselo sono i registi Alessandro Businaro e Francesca Macrì, il dramaturg Stefano Fortin e i drammaturghi Tommaso Fermariello e Tatjana Motta, ovvero gli autori del nuovo progetto del Teatro Stabile del Veneto Orizzonte Postumo, in prova in queste settimane al Verdi e alla Loggia Amulea di Padova e prossimo al debutto.
Il lavoro prende vita dal percorso sperimentale che il gruppo di giovani artisti ha iniziato subito dopo il primo lockdown con i teatri ancora chiusi, per capire su che cosa l’epidemia Covid-19 ci interroga più profondamente. Ad aiutarli in questa analisi Dario del Fante, ricercatore del CNR di Pisa specializzato in digital humanities, campo di studi e ricerca che nasce dall’incontro di discipline umanistiche e informatiche.
Dalle discussioni del gruppo sono emersi due punti nodali ai quali cercare di rispondere: quello del desiderio e quello della morte. Due temi che nel progetto vengono trattati con due punti di vista differenti e due allestimenti differenti, da una parte un prodotto audio video e dall’altra una produzione dal vivo con tre spettacoli, una scelta che vuole rispecchiare anche la situazione attuale dei teatri, che con le sale chiuse hanno dovuto reinventarsi sperimentando nuove forme di interazione con il pubblico. Nei panni dei protagonisti 12 ragazzi della Compagnia Giovani del Teatro Stabile del Veneto, parte del Modello Veneto TeSeO – Teatro Scuola e Occupazione, nato dall’accordo di programma tra la Regione Veneto e lo Stabile del Veneto con la partnership di Accademia Teatrale Veneta.
La dualità del progetto si ritrova anche nel titolo che accosta due parole dall’ampia gamma di significati e che messe insieme possono evocare sentimenti ambigui e apparentemente contrastanti, da una parte l’orizzonte inteso come apertura mentale e di pensiero, una reazione al momento di chiusura che tutti stiamo vivendo, e dall’altra la parola postumo, che può far pensare a un evento negativo come la morte, ma che in questo caso viene inteso come ciò che resta dopo un trauma.
A dirigere la produzione video la regista Francesca Macrì che insieme alla drammaturga Tatjana Motta affronta la tematica del desiderio attraverso il racconto di una festa ambientata in quattro luoghi diversi (terrazza di un attico; cesso di una discoteca squallida; parcheggio di periferia; teatro). Un girotondo che passa per depressioni ed euforie, dialoghi tra persone che cercano di raccontare, raccontarsi e immaginare successi, rimanendo sempre vittime di fallimenti e speranze. Ognuno dei personaggi cerca disperatamente di farsi trascinare dall’oscura forza di un desiderio senza nome chiamato futuro che alla fine poterà tutti loro a ritrovarsi, assieme alla festa, in un teatro, luogo di una visione collettiva.
Il regista Alessandro Businaro e il drammaturgo Tommaso Fermariello, portano invece dal vivo e sul palcoscenico il tema della morte, lavorando a una trilogia che racconta il rapporto con il sommerso, con quei traumi che lasciano segni nascosti e che ci guidano, spesso più della coscienza, nelle nostre scelte quotidiane. Il viaggio di una donna attraverso la famiglia, il ritorno alla casa e all’infanzia. Il ritorno alla violenza. Il percorso che una donna intraprende per sciogliere un nodo, allentare delle tensioni.