Un aspetto poco noto della Seconda Guerra Mondiale: la vicenda dei prigionieri italiani in mano alleata. In grande maggioranza essi vengono catturati sul fronte africano, dove nel 1943 le forze dell’asse subiscono la definitiva sconfitta. A “
Passato e Presente”, in onda domenica 15 settembre alle 20.30 su Rai Storia, Paolo Mieli ne parla con la professoressa Isabella Insolvibile. I prigionieri italiani vengono trasferiti negli Stati Uniti, in Inghilterra e nei paesi del Commonwealth, e le loro condizioni di prigionia sono più che accettabili. Vivono in ambienti puliti, hanno sufficiente vestiario e un’abbondante alimentazione. Sono utilizzati come lavoratori, soprattutto nel settore agricolo, ma qualche volta anche in occupazioni legate allo sforzo bellico, nonostante il divieto delle Convenzioni internazionali. Paradossalmente le loro condizioni peggiorano, quantomeno sotto il profilo psicologico, dopo l’8 settembre 1943. Con l’Armistizio nasce la speranza di tornare a casa, ma gli italiani rimangono prigionieri. Il difficile rapporto degli alleati con il governo Badoglio non consente la loro liberazione. Anzi, per tutti loro lo status di prigionieri permarrà anche dopo la fine della guerra, fino al rientro a casa.
Nell’ambito delle vicende legate alla Seconda guerra mondiale, uno degli aspetti più controversi è rappresentato dalla questione delle «colpe dei vincitori». Per lungo tempo, gli storici (in particolare quelli tedeschi e quelli italiani) hanno trascurato, il tema delle ingiustizie e delle violenze commesse dagli Alleati, dall’Unione Sovietica ai danni di militari e civili. E in tale contesto, si colloca pure la vicenda dei prigionieri di guerra italiani.
Durante la Seconda guerra mondiale, infatti, nel Regno Unito furono internati quasi 160.000 italiani e molti di loro poterono rientrare in patria solo a distanza di mesi dalla fine delle ostilità.
Finora, i principali contributi storici sull’argomento erano stati forniti da studiosi inglesi, i quali, però, hanno basato le loro ricerche esclusivamente sulle fonti locali.