Oggi in tv appuntamento con Dorian. L’arte non invecchia
Carol Rama e Marisa Merz
Nel 1968, Marisa Merz passa alle trame di fili di rame e di nylon. Poi fonde dei piccoli oggetti, come cartoline postali, nella cera bianca, evocando un bozzolo protettivo. Nel 1969 presenta le sue trame ed i suoi piccoli oggetti nello spazio. In seguito dedica numerose opere alla figlia Bea, come un’altalena o una trama che forma il nome della bambina.
Negli anni settanta, produce una serie di installazioni mescolando gli oggetti elaborati precedentemente (fili di rame, cera, trame..) secondo una disposizione che sembra casuale o variabile secondo i luoghi d’esposizione. Produce anche teste in legno o in terra grezza o anche ornate di foglie d’oro o di fili di rame, così come due serie di disegni, l’una alla matita nera su tela, l’altra a pastello e cera, spesso su cartone. Sulla prima, una rete molto sottile di arabeschi sembra tracciare i contorni fragili di un viso.
Carol Rama incomincia negli anni trenta a dipingere da autodidatta dei soggetti dalla fisionomia semplificata.
Esegue acquerelli nei quali donne nude, talvolta coi corpi amputati degli arti e su letti di contenzione o sedie a rotelle, esprimono un esplicito erotismo. Animali, protesi ortopediche, dentiere, scarpe, parti anatomiche (falli, braccia, piedi, lingue) animano questi dipinti sfrontati, tanto anacronistici per l’epoca da risultare inaccettabili (la sua prima personale nel 1945 fu bloccata, le opere sequestrate).