Le anime di Vico Sirene, il terremoto in Irpinia e la Martire Borbonica domani al CAMPANIA TEATRO FESTIVAL
Un testo teatrale che indaga con sguardo poetico sul mondo dei femminièlli napoletani e i loro riti. Questo e molto di più è “Vico Sirene” di Fortunato Calvino, lo spettacolo che debutta in prima assoluta al teatro Nuovo di Napoli giovedì 29 giugno alle ore 20. Attori protagonisti Luigi Esposito e Rosario Morra (Gigi&Ross), con Ciro Esposito, Marco Palmieri, Luigi Credendino, Dario Di Luccio.
“Ispiratrice di questo mio testo- rivela Calvino- è stata la Tarantina (88 anni), figura straordinaria e memoria storica dei Quartieri Spagnoli dove tutt’oggi vive. Non è un caso che ho scelto questo titolo: “Vico” intenso come groviglio di vicoletti e stradine del centro storico, ma anche groviglio di vite diverse, vissute da un’umanità complessa e variegata. Anime di questo paradiso-inferno che è Napoli. E “Sirene” fa riferimento al mito della Sirena Partenope che con la sua ambiguità da sempre ammalia, accoglie il nuovo e il diverso. “Vico Sirene” è un viaggio nelle profondità dell’anima, di una realtà che pulsa da secoli nelle vene di questa città straordinaria madre, magnifica incantratrice, e a volte perfida matrigna. Una città con una popolazione straordinariamente variegata e che riesce a convivere con lo straniero da sempre, fino a farlo diventare lentamente un napoletano d’adozione. Il mondo dei “femminièlli” con i loro riti (dalla figliata, al matrimonio dei femminièlli), resta e rimarrà una realtà storica radicata nel tessuto sociale di questa città. Ho cercato così di portare in scena la “vita” di un vicolo molto particolare. E come un pittore con la sua tela, ho dato colore ai personaggi, con le loro storie di prostituzione e di amori andati, di un’esistenza difficile. La tombola, filo rosso di tutto il testo, unisce sia le donne di Napoli che i “femminièlli” da Natale ad agosto; novanta numeri che estratti dal “Panàro” diventano occasione di divertimento e di scherno, di feroci battute che ogni sera come un antico rito si ripete in un basso”.
“Il coraggio della prima nota” è invece il debutto assoluto proposto nell’ambito della Sezione Osservatorio, in scena alle ore 20 al teatro Trianon Viviani. Uno spettacolo di e con Rocco Tedeschi, per la regia di Luca Staiano e Lorena Sarra De Gregorio.
Il terremoto dell’Irpinia del 23 novembre 1980 fa da cornice paradigmatica alla lenta scomparsa di un mondo portato da quel tragico evento alla ribalta nazionale. Antonio è intrappolato in una stanza, e si aggrappa all’unica cosa che gli permette, in un frangente drammatico, di non abbandonarsi alla disperazione: l’immaginazione. Non può sapere cosa ne sia stato dei propri cari, e soprattutto non sa cosa ne sia stato di quel figlio che stava per nascere poco prima dell’evento catastrofico. Così, lontano solo fisicamente, immaginando, si convince che il figlio sia appena nato. Il figlio diventa referente muto, lontano e inconsapevole di una volontà di vita, di una volontà di non abbandonarsi al buio. E la nascita, che in una liberatoria visione immaginifica Antonio fa coincidere con il momento della scossa di terremoto, diventa l’incarnazione del desiderio di rivalsa contro il destino e contro la morte che anima la sua coscienza.
Alle ore 21, infine, al Museo Archeologico Nazionale della Valle del Sarno (SA) Gea Martire sarà la protagonista de “La cappella di famiglia”, racconto breve di Marco Perillo ambientato a Napoli negli ultimi anni del 1700. Theresa Blake è una dama irlandese di ventitré anni che ha sposato il facoltoso giureconsulto napoletano Giordano Ascione. Lui è spesso assente da casa, trascura i suoi doveri coniugali e lei immagina che possa tradirla. Per Theresa non vi è altro rifugio che la preghiera all’interno di una cappella di famiglia, situata accanto alla loro villa. Ben presto scoprirà che il marito fa parte di una setta di rivoluzionari che mirano a rovesciare il trono di Ferdinando IV di Borbone. Nel frattempo, la donna conosce un giovane pescatore di nome Antonio, del quale rimarrà fortemente attratta. Nel 1794 Giuseppe Ascione è scoperto e imprigionato dalle guardie reali. Theresa, rimasta sola per molto tempo, avrà modo di concedersi una notte indimenticabile in compagnia di Antonio. Nel gennaio del 1799 i francesi entrano a Napoli costringendo i Borbone alla fuga a Palermo. Giordano Ascione e altri patrioti sono liberati, partecipano attivamente alla vita politica della neonata Repubblica Napoletana. Il pescatore Antonio, rimasto fedele al sovrano, è in pericolo. Theresa gli assicura rifugio all’interno della cappella di famiglia, dove però non si gode asilo. Nel furore degli ultimi giorni della Repubblica, ancor prima del vendicativo ritorno di re Ferdinando, i due amanti si troveranno a fare i conti ognuno con la propria sorte.
“La cappella di famiglia” è uno dei preziosi segmenti de “Il Sogno Reale. I Borbone di Napoli”, il Progetto Speciale del Festival, ideato da Ruggero Cappuccio e curato da Marco Perillo, che è prodotto dalla Fondazione Campania dei Festival- Campania Teatro Festival. La lettura dello stesso testo, affidato al talento teatrale di Gea Martire, sarà replicata l’8 luglio nella località Foresta di Tora e Piccilli, in provincia di Caserta.
Sul sito campaniateatrofestival.it sono consultabili le promozioni ed è possibile acquistare i biglietti per gli spettacoli.
Il Campania Teatro Festival, parte rilevante della rete Italia Festival e dell’EFA (European Festival Association), è finanziato dalla Regione Campania e si avvale anche di un contributo annuo del Ministero della Cultura per il suo schema multidisciplinare.