La una storta di Francesco Tozzi - Il teatro stabile dei bravi La una storta di Francesco Tozzi - Il teatro stabile dei bravi
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La una storta di Francesco Tozzi – Il teatro stabile dei bravi

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Il teatro stabile dei bravi

Mettiamo il caso venisse messo su il “Teatro stabile dei bravi” (non quelli di don Rodrigo, eh, quelli bravi, quelli che “sanno fare”): immagino già la contentezza degli altri che vorrebbero essere, hanno sempre voluto essere bravi come quelli del “Teatro stabili dei bravi”.

“Finalmente i bravi a dirigere il Teatro stabile. E anche ad amministrarlo. E anche a farlo funzionare, promuoverlo, ad aprirlo, chiuderlo, illuminarlo. E anche gli attori, le attrici, i registi, i drammaturg, i drammaturghi, i tecnici. Ma che è successo? Ma siamo tutti pazzi? In questo Paese un “Teatro stabile dei bravi”. Dei BRA-VI.

A noi piace l’uomo forte. Sì, dico a noi italiani: “se ci mettono quello vedi come si comincia a trottare, ha da venì… e dietro – da Baffone in poi – quanti nomi abbiamo messo? Diciamoci la verità!

È cos’è successo, poi? Niente. Esatto. Non è successo niente. C’è confusione, sì, ma in fondo è sempre quella direbbe Vasco.

E, badate bene: deve essere sempre quella.

Allora l’appello che faccio, anzi, l’invito, è a non prediligere mai la confusione. Cerchiamo di essere ordinati, perdio! Quello dello stabile dei bravi è un teatro che dà i suoi spettacoli un po’ ovunque, non credete agli annunci spettacolo, gente.

Credete ai programmi.

Essere bravi non è un programma, è uno scialbo complemento italiota che non vale un soldo bucato e non dimostra niente se non la nostra pedissequa propensione alla partigianeria e alla parzialità.

Il futuro è in mano a tutti noi. A TUTTI.

E se qualcuno sostiene che non contiamo nulla è solo perché è uno tra i tanti che ha rinunciato a lottare, a rompere le palle, fare le domande.

L’arroganza e la superficialità del potere sono sottolineate dallo scialbore dei suoi complimenti (e dei suoi premi).

Torniamo alla vetusta stretta di mano, torniamo a volerci guadagnare, anzitutto, la fiducia delle persone – non i loro voti o il loro appoggio, o i loro soldi.

Torniamo a voler essere semplicemente risolutivi, non bravi; torniamo a volerlo anzitutto per noi noi stessi, senza cercare alleanze, fratellanze, conventicole. Torniamo a essere efficienti.

Se mai lo fummo.

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