La luna storta di Francesco Tozzi – Quella smania per la villeggiatura
Quella smania per la villeggiatura
R.27, su Tinder, mi chiede conto della frase inserita nella mia bio “non ho barche su cui fotografarvi”.
Gli è che molte cose non le capisco, tra queste alcune che, pur di argomento frivolo, mi fanno preoccupare perché denotano, a parer mio, il tramonto definitivo non dell’Occidente, ma del buon gusto, dello stile, della logica.
Vedo gente, sui social, perennemente in vacanza: sempre in barca, appunto, o in viaggio di piacere; gente che mangia “come dei tribunali” e poi va a sfondarsi di addominali in palestra (non so se per la paura di ingrassare o per la rabbia di aver pagato 22 euro un piatto di tagliatelle nella solita tremenda “osteria” o “bistrot” o “officina del gusto”).
Ma per fare tutte queste cose (compreso lavorare, ovviamente), ditemi: quanti soldi avete?
Mi si risponde: “sono foto di una vecchia vacanza che vengono riproposte”.
D’accordo. Però quello che mi preoccupa è che certa gente o si mostra in quei contesti oppure fotografa asettiche scrivanie mettendo come sottofondo “Lunedì” di Vasco Rossi.
È la generazione weekend: gente che vive solo nel momento dello svago e del disimpegno, che esiste solo quando sente di divertirsi o di stare in un contesto social-mente invidiabile.
Di vita vera nemmeno l’ombra. Fenomeno curioso e spaventevole, secondo me, quando il lavoro viene visto solo come qualcosa che ci fornirà quei quattro spicci per ubriacarci, andare al mare e/o affittare costosissimi mezzi per fotografarci belli e ricchi, spensierati e tutti tesi al riposo e al depensamento continuo.
È la generazione che vuole andare in vacanza pure dopo non aver fatto assolutamente niente, perché “le piace viaggiare” ma poi si chiude nei villaggi o negli stabilimenti, che vuole vedere posti nuovi “però a misura sua”.
Non ho barche, io, né mi interessa averle. Al massimo posso offrirvi una winston slim.
“Fumi?!” risponde R.27 “non siamo compatibili”.
Ed Eraclito muto.