La luna storta di Francesco Tozzi - Preferisco il Coturno La luna storta di Francesco Tozzi - Preferisco il Coturno
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La luna storta di Francesco Tozzi – Preferisco il Coturno

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Preferisco il Coturno

Aaaaaaaaaaaaaah!!!!! Alain Delon era omofobo?
E sticazzi?!
Avete visto mai “La prima notte di quiete” regaz?
Guardatevelo, date retta. Poi parlerete.

Che poi, a pensarci bene, cosa c’è da parlare?
Alain se n’è andato. Pace ai morti.

Era Jan Kott, se non vado errato, verso la fine dei 70’s, ad avere tutta ‘sta voglia di “mangiare gli dei”; com’è che adesso desideriamo addirittura martirizzarli (e in puro stile Bragadin, per giunta?).

D’accordo: il vorace appetito del pubblico, la massa che si esprime, il popolo bue e blablabla.

Il popolo è com’è sempre stato; ma quando anche i cosiddetti “intellettuali”, gli “addetti ai lavori” si esprimono in termini spregiativi verso i simboli, la luna del sottoscritto si storce di prammatica.

Fateci caso: fedeli alla linea occidentale secondo cui la critica di sé stessi e della propria cultura vale più di qualunque racconto onesto, siamo disposti, da un po’ di tempo a questa parte, a mettere in discussione (post mortem, s’intende) anche figure che non solo non lo richiedono; ma a cui delle nostre opinioni sulla loro vita privata (meno che mai ora che non ci sono più) non importa proprio niente.

Figure come quelle di Alain Delon, Vittorio Gassman, Carmelo Bene, Jean Paul Belmondo, James Dean, Brigitte Bardot, le abbiamo amate e adorate proprio perché “superiori”, “inarrivabili”, “aristocratiche”, incuranti di qualsiasi convenzione sociale.

Oggi che le convenzioni sono quello che sono, ci stupiamo della loro coerenza? Osiamo criticarle, maramaldeggiare? A che scopo?

Per ritardare il momento di parlare di sé, ecco lo scopo. Certa vigliaccheria travestita da intellettualismo non muore mai, del resto.

E dare dell’omofobo ad Alain Delon, a certi ragionieri in mutande medaglia d’oro nel cinque contro uno da’ una specie di ebbrezza.

È la malattia del nostro tempo: perdere attimi preziosi di vita per fermare momenti inutili, per sentirsi importanti.

La soluzione? Posare lo smartphone e riprendere il coturno, fare come Ulisse: navigare abituati all’immanente e onnisciente presenza degli Dei sopra i nostri capi: sì, quegli stessi capricciosi, lunatici, umorali Dei che l’uomo tentava di sfidare (o mangiare, come Jan Kott) millenni fa, uscendone sempre e comunque sconfitto.

Cos’è che era, la pioggia, in realtà?

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