La luna storta di Francesco Tozzi – Più libri più liberi
Più libri più liberi
Sull’affaire PiùLibriPiùLiberi, abbiamo scoperto che l’acqua è bagnata. Abbiamo scoperto che in questa Nazione si può sbagliare; ma c’è sempre chi può sbagliare una volta più di te.
E, soprattutto, ma anche questo è il segreto di Pulcinella, è che a nessuno (o quasi) interessa comprare libri; ma si adora in maniera assoluta andare a vedere l’autore (o certi autori) da vicino.
Per sapere qualcosa in più sulla sua opera? No.
Per conoscere piuttosto qual è la sua canzone preferita, o cosa pensa di questo governo.
“Ma io avrei scritto un romanzo ambientato in Mongolia”
“Ah. Vabbè, qualcosa ci inventeremo”.
Tanto vale tutto. L’essenziale è tradire con stile la mission della kermesse.
PiuLibriPiùLiberi è la fiera della piccola e media editoria dove però, a farla da padroni, sono sempre le solite case, perché uno stand costa un occhio della testa, e perché di fatto, chi si propone di dare uno spazio a case di edizione che (talvolta) con fatica cercano di far quadrare i conti e lavorare con qualità, non si occupa contestualmente di ideare eventi collaterali che possano anzitutto promuovere l’azienda suddetta, o che comunque giustifichi un prezzo così alto.
“Andremo qua perché conosco tizio” “saremo presenti lì perché conosco l’amico dell’amico di Caio”. La scoperta dell’acqua calda, d’accordo.
Gli è però, che parlando col più grande rivoluzionario locale, impiegato in una piccola biblioteca della provincia, il sottoscritto si è sentito stimolato a provocare l’ennesimo dibattito.
Da anni, più che polemizzare col “sistema”, ho preferito trovare alternative. Come dice Alfieri “non mi vanno i servi, non mi vanno i tiranni”.
Le dinamiche, tuttavia, paiono permeare anche i tentativi “altri”; dunque mi trovo in difficoltà.
Forse il punto, è che non riusciamo più a separare il grano dalla pula, organizzare un evento specifico senza che in esso riverberi l’attualità.
Questa dittatura del “tema attuale”, del “contesto” e della “linea” (politica o meno), per mio conto, è diventata INTOLLERABILE.
Capisco l’importanza di qualsiasi tema; ma se organizzo una fiera libraria i protagonisti devono, ribadisco DEVONO, essere soltanto tre: le case editrici, i libri e gli autori.
A me Chiara Valerio non piace; ma non mi importa: vado a “PiùLibri” pensando a Polidoro Editore, a Black Coffee, a tutte le altre case editrici che molto più volentieri guardo spiccare sugli scaffali delle librerie che piacciono a me.
Sappiamo tutti che certa gente predica bene ma ciò che dice non può avere risvolti concreti nella vita di tutti i giorni. Le persone non si dividono in categorie; il male e il bene sono mischiati, e col metro col quale giudichi, lo sappiamo tutti, sarai giudicato.
Ma cosa c’entrano in tutto questo i piccoli e medi editori? Non se ne può più di questa haute surveillance dell’attuale.
Per quello vi sono altre sedi dove poter discutere, spaccare il capello in 4, etc.
I ragazzi, ma più in generale la gente, deve tornare a leggere. Deve posare la penna o la tastiera e capire che esprimere qualcosa che conta costa fatica. E che l’esperienza (o la buonafede) lungi dal non bastare NON SERVONO. O almeno non sempre. O comunque non sono sufficienti.
Individuare il focus e seguirlo fedelmente; sfrondare l’albero e osservare bene.
Aumentare l’umiltà, che non è la modestia, ma – e lo dice Simone Weil, mica io – qualità dell’attenzione.