La luna storta di Francesco Tozzi – Meglio aver paura
Meglio aver paura
Il secchio l’ho messo io. Mi avevano detto: “adesso togliamo i tavoli, tanto vengono qua, ci mangiano e buttano tutto a terra, ‘sti ragazzini delle scuole”. “Mettete un secchio, no?” “No, no…E poi il secchio c’è, eccolo là” e mi indicano un punto nero a 400 m, dall’altro lato della strada.
Allora vado a casa, prendo tre pezzi di legno, li faccio la punta, prendo un sacco nero, lo spago, il martello, un paio di guanti e torno, nell’ora di chiusura, alla biblioteca. Pianto i pali, metto il sacco, lo lego con lo spago, prendo i guanti, comincio a raccattare tutta la sporcizia, e dopo 10 minuti è tutto a posto; ripongo gli attrezzi, prendo la macchina da scrivere e mi metto al tavolo, riprendendo a lavorare.
Penso a quel gruppo di ragazzotti che andava alle lezioni di recupero pomeridiane e che si sono messi a guardarmi come fossero al cinema: un tipo in maniche di camicia e cravatta che pianta quattro paletti per metterci un sacco sopra, e che raccatta tutta l’immondizia che c’è (parte della quale, molto probabilmente, è anche loro): interessante, eh?
La biblioteca riapre, le addette mi trovano già lì che scrivo. Non dico niente del secchio, ovviamente, e loro niente mi dicono. Poco dopo arriva un altro ragazzo che si mette a urlare al telefono per cinque minuti circa ma che prima, con tono sorpreso, dice: “oh! Hanno messo il secchio”.
Sono contento. Però gli chiedo “abbassa un po’, per piacere” e lui: “ah scusa, non capivo cosa stessi facendo”.
Vabbè.
Torno a casa. Giorni dopo vado alla biblioteca: i tavolini non ci sono più.
Vorrei entrare e chiedere spiegazioni. Non lo faccio. Sarebbe inutile. A volte, pur di salvaguardare un nostro spazio di felicità, facciamo più di quello che sarebbe necessario; ma non basta comunque. Meglio avere paura che buscarne, si dice. Sarà che le ho sempre buscate ma odio avere paura, soprattutto di cose o situazioni per cui non ha senso provarla.
Il tizio che ci sequestrò in Ogliastra qualche anno fa e che, con sorriso sardonico e occhio truce, ci mise a parte del fatto di “avere avuto a che fare con la giustizia avendo gentilmente trattenuto, illo tempore, una folta schiera di signori, signore e signorine assai care ai loro cari” (sic), di certo ci fece molta paura; ma sono sensazioni forti che col tempo si tramutano in ricordi e, passato un certo tempo, in aneddoti da dopo cena; ma aver paura di chi sporca che senso ha? E che senso ha, soprattutto, reagire così?
Tagliamo il braccio di modo che non abbia più tentazioni malevole.
L’unico a restare fregato, in tutta questa situazione poi, sono io. Simile all’uomo onesto del racconto di Calvino “La pecora nera”, non mi resterà che uscire di casa, a sera, a guardare il fiume passare sotto il ponte, mentre in paese la gente fa quel che vuole, sperando di incrociare sulla loro strada, un’altra pecora più nera di loro.