La luna storta di Francesco Tozzi – La voglia nelle mutande
Cocaina negli slip.
Arrestato ventenne.
La cocaina è un alcaloide tropanico che agisce come potente stimolante del sistema nervoso centrale, vasocostrittore e anestetico.
È la sostanza di cui i giovani e i giovanissimi fanno maggior uso, dopo la cannabis.
È incredibile pensarlo, leggerlo, rendersene concretamente conto, per varie ragioni.
Anzitutto perché, quando ero giovane io, la coca era considerata l’estremo non plus ultra, dalla maggioranza dei ragazzi. In più era (ed è) molto costosa rispetto all’erba o al fumo. Poi c’è un’ulteriore considerazione da fare, e forse – pur non avendo basi scientifiche – è, in assoluto, la più importante: quando parliamo di sostanze stupefacenti in relazione ai ragazzi, oggi, non parliamo tanto di trasgressione, quanto di evasione.
È una costosa ricerca della felicità, quella che percorrono i giovani. Fasulla, ovviamente. Primo perché la ricerca della felicità non esiste, è un prodotto che – guarda caso – ci è stato venduto da un mercato statunitense, ultra occidentalista, che ha convinto i più che, per essere felici, bisogna fare qualcosa e non, piuttosto, mettersi in certe condizioni o disposizioni; secondo perché, il solito mercato, ha convinto noi e i nostri figli che tutto possa essere comprato, accusando chi diceva il contrario di fare retorica.
No, signori miei. Questa non è retorica: se trovo un ragazzo con la coca negli slip, per me, c’è un grosso problema. E non venitemi a dire cose del tipo: i ragazzi si sono sempre drogati o cambiano le sostanze ma i ragazzi sono sempre gli stessi. Primo perché nessuno dei miei coetanei ha mai avuto problemi del genere, nemmeno i più malandrini; secondo perché se un problema c’è sempre stato non è detto che sempre debba esserci.
Certo, la città, quella città dove sono nato e cresciuto, è cambiata. La società anche.
Stiamo convincendo i nostri giovani che ammalarsi, annoiarsi e non divertirsi siano delitti. Che perdere sia un imprevisto, una svista che – non preoccuparti, tesoro, adesso ci pensiamo noi – verrà corretta in men che non si dica.
Sui maggiori giornali, addirittura, la giovane generazione corrente viene elevata quasi agli onori degli altari, sembra che a diciannove – vent’anni ‘sta gente abbia capito cose che noi quarantenni non abbiamo mai capito.
Tutte balle. Ma vaglielo a spiegare. I genitori non contano più niente, gli insegnanti neppure; ’sti ragazzi con la vita non hanno mai avuto davvero a che fare, però pensano di essere dei fenomeni. PERCHE’ GLIELO DICIAMO NOI.
L’altra notte, tornando da uno spettacolo, ne ho incrociati cinque, di quei giovani. Avevano perso il controllo dell’auto sulla quale viaggiavano e l’avevano distrutta. C’era una di loro che continuava a gridare che era stanca di quella situazione, che era la terza volta che succedeva, e che gli altri e lei dovevano ringraziare il cielo che, pure questa volta, non fosse successo niente.
Mi sono accostato a uno di loro che era steso a terra, con le braccia sul volto, e ho chiesto: «Tutto bene? Chiamo un’ambulanza?» E quello: «No no, chiama il carroattrezzi».
Non erano ubriachi, non erano drogati. La loro macchina era nel mezzo della carreggiata, tutta distrutta. Pensavano bastasse portarla via. Chiamare i Carabinieri? Per cosa? L’ambulanza? Nessuno di noi si è fatto niente. Non avevano nemmeno vent’anni.
Ho chiamato i soccorsi, ho detto che non c’erano feriti; ma ho chiesto comunque che mandassero un’ambulanza.
«Ma… se non ci sono feriti…» mi ha risposto l’addetta.
«Signora, sono ragazzi di nemmeno vent’anni. Non hanno capito cos’è successo. Mandi l’ambulanza, per piacere,» ho detto io.
«Saranno maggiorenni, almeno, spero!»
«Cosa ne so io? Venite e basta. C’è una macchina distrutta intraversata sull’Aurelia, lo capisce sì o no?! Quello che guidava, quando gli ho chiesto se dovevo chiamare l’ambulanza mi ha risposto: no, chiama il carroattrezzi. Lo capisce?.»
«Allora non serve l’ambulanza,» mi ha risposto.
Sono arrivati dopo almeno mezz’ora. Capirete, non c’erano feriti.
C’erano solo cinque ragazzini terrorizzati che, giustamente (perché così è stato e così sempre sarà) non sapevano ancora niente della vita. Che nascevano, per la prima volta, in mezzo alla difficoltà, al problema di turno, perché tutte le altre difficoltà e problemi gliel’abbiamo volutamente tolti da davanti agli occhi. Questa è la verità.
Quanto alla coca negli slip del ventenne, certo: ci sono cose che non cambieranno mai, come la volontà umana di andare a cercare risposte ogni volta che nessuno riesce a darne una soddisfacente. Le risposte stanno nella coca? Per loro, evidentemente sì. Ma come? Con tutte queste politiche di sensibilizzazione nelle scuole sulla droga, sul femminicidio, direte voi.
Ma a casa, mi chiedo, a casa, lasciando un attimo la scuola da parte, che succede?
Perché l’altro giorno, in gelateria, uno di questi giovani mi ha chiesto: «Scusi, ce l’ha due euro?»
«Per fare cosa?» gli ho domandato. Non mi sembrava uno male in arnese.
Quello mi risponde: «Per comprare il gelato.»
Altro che politiche di sensibilizzazione, signori. Non stiamo nemmeno più parlando di generiche buone maniere. Questa si chiama DIGNITA’.
Stop.
Se a vent’anni ti beccano con la coca negli slip non è che hai sbagliato. Fai schifo, punto.
Se a nemmeno vent’anni porti altri quattro amici in macchina e sbatti da solo contro un guardrail (chissà perché) non hai sbagliato. Sei un cretino.
Se a nemmeno vent’anni vai da uno sconosciuto a chiedergli due euro per comprarti il gelato non è che hai sbagliato. Non hai dignità.
Ed è la cosa più grave, almeno per quanto mi riguarda, perché – ma è sempre una mia opinione – crescere senza spina dorsale e far diventare questi ragazzi delle amebe è l’errore più grosso che possiamo fare.
Soprattutto se confondiamo la comprensione con il lassismo.