La luna storta di Francesco Tozzi – Io, lei e la chimera
Io, lei e la chimera
…E se fosse la felicità la vera malattia? Dico: se a un certo punto decidessimo, dopo averle sperimentate tutte, di mettere pure la felicità tra le malattie facilmente trasmissibili?
(Non sono i postumi dell’appendicite, è un ragionamento serio. Ora vi spiego.)
Da qualche tempo me ne vado in giro seguito passo passo da una gigantesca chimera; io la vedo e, per brevi tratti, anche gli altri.
S., invece, l’ho conosciuta su Tinder: una delle ragazze più belle che abbia mai visto, di uno splendore pari a quello di certe uova di campagna su cui, appena sfornate, tra le pieghe del colore avorio, puoi intuire il graffio meraviglioso della natura.
Vinto più di una resistenza, alla fine riesco ad avere un appuntamento. Ci vediamo in un posto di mare – io sempre seguito dalla chimera, che spaventa tutti meno lei, S., che, quando mi vede, infilata nei suoi leggins neri e nelle sue Adidas, sorride sfoderando una specie di muro dritto dritto, bianco bianco.
“Facciamo una passeggiata?” propone; ed eccoci camminare, uno accanto alle altre, lungo una passeggiata che lambisce il mare, in quel preciso punto chiuso tra due lingue di terra.
S. mi dice che finalmente sta bene qua – qua da noi intende, lei viene dal nord. È libera, e il respiro della Terra è il suo respiro.
(la chimera sentendo questa frase ha un sussulto)
“Qua ho trovato la mia dimensione. Ciao Gigi! Con lui sono uscita tre volte. Che ti dicevo? Ah, sì! La dimensione. Ciao Mario! Lui è un po’ antipatichello. Ci sono uscita una volta sola, infatti. È che…” e qui fa un sospiro che pare un vortice, muovendo le braccia come elettrizzata: “…è che mi sento sempre insoddisfatta, capito? Senti, ma lei/lui come si chiama?”
La chimera guarda verso la laguna, indifferente. Entrambi vorremmo essere a chilometri di distanza da lì, da quel mammifero tutto denti e Adidas che quando le chiedo se sta bene risponde “sì…però boh!”
A Tarquinia, ecco dove vorremmo essere! Là dove natura, chimere e esseri umani convivono in armonia. Là dove una grande scrittrice francese, anni fa, pensò: – …in fondo le persone sopportano male la felicità. La desiderano, certo, ma non appena raggiunta, si arrovellano a pensare… –
– Non so, signore, se la felicità si sopporta male o se gli uomini la capiscono male, o se non sanno tanto bene quella che gli occorre o se non sanno servirsene o se la prendono a noia usandole troppi riguardi; non so; quello che io so è che se ne sente parlare, che la parola esiste e che non è stata inventata per nulla. E non è perché io so che le donne, anche quelle considerate le più felici, si domandano insistentemente, la sera, perché mai conducano quell’esistenza piuttosto che un’altra, non per questo mi viene il sospetto che quella parola sia stata inventata per nulla. –