La luna storta di Francesco Tozzi – È il 1° Maggio
È il 1° Maggio
Sono le 15.00 circa, e una sottile linea, una misteriosa, carsica, invisibile via, in tutto simile a quelle degli aborigeni australiani descritte da Chatwin, unisce tutti gli ubriachi Millennials che, a quell’ora, stanno di fronte a un karaoke, con microfono in mano, a cantare a squarciagola.
Arriveranno messaggi sui loro smartphone: ti voglio bene, sappi che ti stimo moltissimo, stai facendo un lavoro straordinario; ma anche più bollenti tipo: vorrei essere lì con te, brucio di mancanza, dove sei, dove cazzo sei?!
Altra canzone, ci si passano i microfoni, si litiga per il prossimo pezzo: sì ma oh, devi venire pure te, no no dico davvero, dai cazzooooo.
Fuori, frattanto, come ogni giorno di festa che si rispetti, è tutto fermo: non si muoverà niente fino all’indomani mattina, quando la vita riprenderà a spuntare fuori dai garage, a fare capolino dalle pensiline dei bus, a camminare su e giù per le strade, come i vagabondi.
Intanto però, è tutto fermo.
Solo l’ugola si muove, impazzita, stonando, oppure tenendo bene la nota: il karaoke è una specie di pungiball moderno, quanta cazzo di voglia avremo di urlare, noi Millennials!
Poiiiiii una notte di settembre me ne andaiiiii!!!!
C’è chi non usa nemmeno il microfono, c’è gente che pure col microfono non la senti nemmeno a un metro: è la vita, quella vera. Non la routine. La vita.
Non Millennials la sentiamo e basta, non la vediamo mai: sta dietro a noi e ci sussurra qualcosa, piano, senza microfono.
Ci voltiamo. Non c’è nessuno.
Sono ubriaco. Non bevo più.
Alza il volume, non sento gli altri.
Siam gente che urla o bisbiglia, noi Millennials. Insopportabili agli altri, tra noi ci capiamo, ci facciamo coraggio (o almeno tentiamo).
Sei un/una grande; guarda che sei bravo/a; sei straordinario/a.
Ma sei ubriaco/a?
Non ce lo chiediamo più. Non vogliamo chiedercelo. Non possiamo. Non resta che far passare i giorni, anzi le giornate, e vedere cosa succederà. Nel frattempo, la linea invisibile dell’inizio si snoda per il mondo, avvolgendoci come le figure immaginifiche di quella vecchia pubblicità (qual era, quella dell’Eurovisione? Boh.)
L’euforia. L’entusiasmo. Qualcuno ci ama. Le bugie. Le omissioni. Qualcuno si ama.
Che qualcuno ci ami! Vorremmo gridare.
Niente.
Che anno eeeeeeè che giorno eeeeeè. Questo è il tempo di vivere con teeeeee.
Arriverà mai? Messaggio.
“Arriverà mai?” ci chiediamo. Altro messaggio. Chi è? Chi c’è?
Ci voltiamo. Nessuno.