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La Luna storta di Francesco Tozzi – Da Stai Zitta! a Stai zitto è un attimo

La Luna storta di Francesco Tozzi - Da Stai Zitta! a Stai zitto è un attimo La Luna storta di Francesco Tozzi - Da Stai Zitta! a Stai zitto è un attimoDa Stai Zitta! a Stai zitto è un attimo

La Rivoluzione, da che mondo è mondo, l’ha sempre fatta il popolo.

Che adesso il popolo (nell’accezione specifica il popolo italiano) pretenda che a fare la rivoluzione siano i governanti mi pare proprio un atto di palese malafede.

La verità? Non abbiamo più voglia nemmeno di fare la rivoluzione.

“Vi votiamo, fatela voi!” diciamo ai nostri politici.

Vedete, sarà perché da qualche tempo è uscito il prezioso libro di Dario Fabbri sulla geopolitica e allora voglio fargli un po’ di pubblicità; ma se mollaste i vostri maledetti cellulari e andaste in libreria, scoprireste che i grandi cambiamenti non sono determinati dai singoli uomini ma dalle collettività.

Tocca a noi.

Andiamo nello specifico, però. Dopo il ritrovamento del corpo di Giulia Cecchettin si è scatenata la solita bagarre femminista dove la colpa, oltre che ad una mancanza di educazione affettiva, viene attribuita anche a quei maschi che dicono “sì, però scusate: io non c’entro, che volete da me?”

NO! SE DICI CHE NON C’ENTRI FAI PARTE DEL PROBLEMA!

“Va bene, tanto ne farei parte pure se mi dichiarassi colpevole”

“Stai zitto, che è meglio”

Ora, se non vado errato, su uno “stai zitta!” tempo fa, si aprì una polemica infinita.

Io non aprirò polemiche, essere donna del resto non mette al riparo dalla cafonaggine, però sono sicuro che essere uomo non può non deve e non è sinonimo di essere abominevole tendente allo stupro e alla banalizzazione del male.

Colpire, prendersela con chi non ha fatto niente, al netto delle polemiche e dei fatti di cronaca, a che serve?

Sento troppo silenzio. Serve a delegare. DELEGARE.

Deleghiamo la critica alla polemica perché è più semplice polemizzare. Dire la nostra che ci vuole? Basta aprire la bocca. Se poi non devo nemmeno parlare ma solo premere un tasto e condividere è ancora più semplice.

“ma a me un mondo che delega spaventa, ho paura per i miei figli” dice Giuliana Musso, in un suo bellissimo spettacolo.

Siamo noi a dover cambiare, non sempre gli altri. Non ho mai visto qualcuno scendere in piazza gridando “voglio cambiare”. Sempre gli altri. “Devi cambiare, dovete fare questo, dovete fare quello”.

E il popolo, dov’è?

Quello che spaventa delle rivoluzioni – quelle vere, non quelle italiane fatte d’accordo col governo e coi carabinieri, o su Instagram, fate voi – è che ad un certo punto, il popolo dimostra concretamente l’inutilità dello Stato e dei propri apparati. Facendo. Deponendo. Agendo.

La verità è che non siamo ancora abbastanza stufi di delegare. Di chiedere la soluzione dei nostri problemi agli altri. Di scaricare il barile sul nostro vicino, sul nostro profilo social, mentre intanto, la gente, concretamente, davvero, muore.

E’ l’inevitabile deriva di un popolo che ha ormai perduto la sua positiva aggressività, il proprio istinto di protezione perché non è più capace di farsi comunità. Provate a far entrare un branco di lupi in un gregge di pecore.

Fortuna che le pecore, quelle vere, non hanno internet.

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