La luna storta di Francesco Tozzi – Avevo pensato di non parlarne La luna storta di Francesco Tozzi - Nella città dei fiori
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La luna storta di Francesco Tozzi – Avevo pensato di non parlarne

La luna storta di Francesco Tozzi - Nella città dei fiori

Avevo pensato di non parlarne

Avevo pensato di non parlarne, però…

Cominciate tutti così; però poi parlate. Cioè, scrivete. Che forse è peggio, perché se vi sentissi dire certe cose al bar potrei pure giustificarvi: si sa come vanno certe situazioni, no? Uno se ne sta a reggere il bancone coi fianchi, davanti a un caffè e, per non fare la figura del torsolo, di fronte a un qualsiasi interlocutore, apre la bocca e le dà fiato.

Ma sui social che bisogno c’è?

Avevo pensato di non parlarne, però a un certo punto mi sono detta: no.

E no! Dovevi chiudere il pc (o il cellulare) e andarti a fare un giro. Capisco che ci sono posti dove non trovi un albero nemmeno a cercarlo col lanternino; ma si potrebbero pensare un sacco di alternative in più. Perché scrivere e polemizzare a mezzo social? (E su quali argomenti, poi!)

Sinceramente mi chiedo cosa spinga certa gente a comporre post polemici circa bagarre inesistenti. “Olly che vince Sanremo”; “Olly che viene molestato da Mara Venier”; “Lucio Corsi che va all’Eurovision però insomma, tutto ‘sto clamore intorno a questo ragazzino perché?”

Ma che vi frega? Cosa frega agli altri, soprattutto?

Perché parlare di cose che non conosciamo?

“Perché siamo in un Paese libero”. D’accordo. Ma la frase vale per tutti, pure per quelli (come il sottoscritto) che non hanno voglia di sapere cosa pensa Ciccio Riccio del caso X.

“Basterebbe passare oltre”. Certo, passiamo sempre oltre; poi però accadono cose strane e ci chiediamo perché.

La voglia di protagonismo della gente è nata col mondo; ma è peggiorata, a mio parere, con il dilagare di programmi e/o format televisivi/web dove le domande non vertono più sulla carriera del singolo invitato, ma sulle sue opinioni.

Oggi dunque, l’essere umano medio non sogna più di suonare la chitarra come Y; ma di pensarla come lui. In fondo è più facile, no? In fondo sia io che il mio mito abbiamo una bocca che si può aprire a comando.

Gli è, però, che l’opinione del singolo artista (soggettiva e dunque disponibile) non viene mediata dal media; ma tagliuzzata ad arte, scomposta e riproposta in reel, mini video, post, così da poter essere condivisa da tutti quelli che direbbero le stesse 4 parole.

Ma l’intervistato ha dato un contributo di 1 ora e mezza.

Oggi si fa il tifo per i sentimenti. Questo è il punto. Non ci interessa più viverli (vivere fa male, del resto), sentire, metterci in ascolto di noi.

A conforto di questa idea sta il nostro profondo senso di inadeguatezza e una sorta di complesso di inferiorità che – ne siamo arci convinti – si può placare solo mascherandosi da qualcuno che stimiamo genericamente.

Non è vero che non vorremmo dire quella cosa. Noi vogliamo dirla. Altrimenti cosa resterebbe del nostro passaggio sulla Terra? Niente.

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