JULIA STONE – “We All Have” feat. MATT BERNINGER dei The National è il nuovo singolo della cantautrice
Julia Stone condivide oggi un nuovo estratto dal suo prossimo album da solista Sixty Summers, la struggente traccia “We All Have” con Matt Berninger dei The National. Inoltre è stato rivelato oggi che la pubblicazione del disco è stata posticipata a venerdì 16 aprile (BMG).
“We All Have” è la canzone più tenera di Sixty Summers, una dolce ballata che celebra la capacità di ogni essere umano di guarire anche di fronte a un dolore devastante e rappresenta la dualità dell’album.
“This song is about how everything transforms and moves; even though you feel so shitty at one point, it might shift into something new,” afferma Julia riguardo all’ispirazione dietro la canzone. “Love is all that we really need to be here for – not love with someone else but love in your heart.”.
Matt Berninger, frontman dei The National, presente nella splendida traccia, condivide la sua euforia per il coinvolgimento in “We All Have“: “It’s always really inspiring to hear old friends creating such amazing music. I’ve been a big fan of Julia’s work for a long time, and it was so fun to be invited to be a part of this song!”.
“We All Have” è il quarto estratto da Sixty Summers.
Il primo è stato “Break“, traccia che ha segnato il ritorno alla carriera solista di Julia, intrisa di pop abbagliante, seguito dalla eterea e ultraterrena “Unreal“ e, più recentemente, la sognante “Dance“. Alla fine del 2020, la Stone ha pubblicato una rivisitazione dei tre singoli fino ad oggi in un EP intitolato Twin. Ha anche trovato il tempo per pubblicare un EP natalizio di quattro tracce intitolato Everything Is Christmas.
“We All Have”, è anche accompagnato da un video musicale diretto dal regista nominato due volte agli ARIA AWARDS Gabriel Gasparinatos (Baker Boy, ONEFOUR).
La clip, girata in uno dei paesaggi più remoti della Tasmania nell’arco di una settimana, segue la relazione appartata tra un sub e il suo marinaio, esplorando i momenti di leggerezza e di oscurità che si alternano nell’isolata quotidianità della vita su una barca.
Otto anni dopo il suo ultimo disco solista, Sixty Summers rappresenta una potente rinascita della Stone, uno degli artisti più prolifici dell’Australia.
Partendo dalle terre selvagge del folk e dell’indie-rock, con Sixty Summers Julia Stone si tuffa a capofitto nel mondo cosmopolita ed edonistico del pop notturno.
Lo splendido album è una perfetta testimonianza della grinta e dello scintillio della vita della città, con tutte le sue gioie, pericoli, storie d’amore e rischi. Il disco ci rivela la natura più profonda, vera e brillante della Stone che, finalmente, condivide con noi la sua segreta storia d’amore con questo genere musicale.
Registrato nell’arco di cinque anni, dal 2015 al 2019, Sixty Summers è stato profondamente plasmato dalle preziose collaborazioni che figurano nel disco: Thomas Bartlett, alias Doveman, e Annie Clark – cantante, autrice e produttrice vincitrice di Grammy nota come St. Vincent.
Bartlett e Clark sono la coppia di cui Stone aveva bisogno per realizzare la sua prima visione pop. Mago della produzione e della scrittura di canzoni, Bartlett è stato in grado di catturare lo spirito indipendente della Stone e trasferirlo all’interno di Sixty Summers, scrivendo e registrando oltre 50 demo con lei nel suo studio di New York.
Essendo questo un luogo di passaggio per i luminari dell’indie rock alcuni di loro, come Matt Berninger dei The National e Bryce Dessner, li ritroviamo nell’album, confermando il fatto che lo studio di Bartlett è stato un terreno fertile perfetto per la crescita della Stone.
“Making this record with Thomas, I felt so free. I can hear it in the music,” afferma la Stone. “He brings a sense of confidence to recording sessions.”.
La portata di Sixty Summers è incredibilmente vasta: chilometri di distanza dal lavoro passato di Stone, è un mondo a sé, un nuovo paesaggio surreale e mozzafiato.
Se i precedenti dischi solisti della Stone, “The Memory Machine” del 2010 e “By The Horns” del 2014, l’hanno trovata alle prese con l’oscurità naturale che deriva dall’amare troppo, in questo disco Julia Stone rivendica ogni parte di sè stessa: fuoco, furia, amore, lussuria, desiderio. Toccando punti di riferimento più disparati come l’avant-funk di Talking Heads (in “Break”), le romantiche riflessioni delle due di notte di Serge Gainsbourg (“Free”, “Dance”) e l’elegante ed estatico lavoro di synth di Lorde’s Melodrama (“Substance” ), Sixty Summers è un album su cui si può ballare, ma anche un disco in cui perdersi completamente.
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