Il tesoro nascosto del MANN: inizia la valorizzazione dei depositi del museo Il tesoro nascosto del MANN: inizia la valorizzazione dei depositi del museo
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Il tesoro nascosto del MANN: inizia la valorizzazione dei depositi del museo

Il tesoro nascosto del MANN: inizia la valorizzazione dei depositi del museo Il tesoro nascosto del MANN: inizia la valorizzazione dei depositi del museoC’è un tesoro nascosto sotto i piedi e sopra la testa dei visitatori del MANN. Sono i duecentosettantamila reperti conservati nei depositi del Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Un patrimonio ineguagliato in Italia per quantità e qualità, raccolto lungo gli oltre duecento anni di storia dell’istituzione partenopea, non esposto al pubblico ma già protagonista di prestiti a musei ed esposizioni in tutto il mondo. Fino al 30 giugno, una parte di questo tesoro è la protagonista di Sing Sing. Il corpo di Pompei, la mostra fotografica di Lugi Spina, inaugurata il 21 gennaio, che ricostruisce – attraverso un’esplorazione della collezione conservata nei sottotetti del museo – la vita quotidiana delle città vesuviane fino all’eruzione del 79 d.C. Il primo passo di un percorso più lungo, che punta alla valorizzazione e condivisione – fisica e digitale – dei depositi.

«Sing Sing è il nome con cui il direttore Giuseppe Maggi battezzò negli anni Settanta i sottotetti del museo, sottolineandone la somiglianza con il famoso carcere americano», racconta il direttore del MANN Paolo Giulierini. «Ancora oggi sembrano davvero gli ambienti di una prigione, con lunghi corridoi e cellette chiuse da grate di metallo. Dentro però non ci sono criminali, ma decine di migliaia di oggetti provenienti dagli scavi di Pompei ed Ercolano. E molti altri sono conservati nei depositi sotterranei del museo. Abbiamo iniziato a “liberare” quei reperti. A renderli visibili al pubblico».

La mostra di Luigi Spina, accompagnata dall’omonimo volume edito da 5 Continents Edition, è stata presentata il 21 gennaio dal fotografo, dal direttore Paolo Giulierini, dal fondatore di 5 Continents Edition Eric Ghysels e dal regista e autore di Rai Radio 3 Diego Marras. L’esposizione è composta da 46 immagini in bianco e nero, in dimensioni 50x60cm, e la sua storia viaggia su due binari paralleli: uno è quello di Pompei ed Ercolano, raccontate attraverso gli oggetti utilizzati dai loro abitanti; l’altro è quello del progetto artistico stesso, un viaggio durato molti anni.

«È iniziato nel 2010 ed è stato condotto attraverso tante visite al MANN», racconta Luigi Spina. «Sing Sing è un luogo magico. La prima cosa che ti colpisce è il suo silenzio assordante: lassù senti solo il canto dei gabbiani. Poi vieni avvolto dalla densità degli oggetti: candelabri, vasellami, piatti, brocche. Quando si pensa a Pompei ed Ercolano, di solito ci si concentra solo sui capolavori, le ville, i mosaici. Ci si dimentica del corpo della città: quegli strumenti che venivano utilizzati ogni giorno, in un modo che non è poi così diverso da quello con cui oggi usiamo i nostri. Ho voluto recuperare proprio quel corpo, ridare umanità ai reperti, restituirli alla dimensione originale. Per questo la mostra si chiama Il corpo di Pompei».

La tecnica adottata da Spina è una versione fotografica della «anastilosi», con cui gli archeologi ricompongono le antiche strutture del passato con i pezzi originali, cercando di collocarli nella posizione esatta. «Nel mio caso, questo ha voluto dire rimettere gli oggetti su un tavolo, riprodurne la funzione quotidiana», spiega il fotografo campano, che racconta come nel suo lungo percorso di esplorazione di Sing Sing non siano mancate le sorprese. Per esempio, i pezzi di pane carbonizzato rinvenuti in alcune cassette archeologiche. «Il panettiere doveva averlo cotto nel suo forno la notte prima dell’eruzione, ma nessuno ha mai potuto consumarlo. Quelle forme conservano il desiderio della vita».

Gli scatti di Sing Sing – Il corpo di Pompei saranno esposti nella sala che raccoglie i bronzi provenienti dalla Villa dei Papiri di Ercolano: un abbinamento «vesuviano» quasi naturale, che crea un ulteriore dialogo tra la collezione pubblica e quella dei depositi.

«La peculiarità dei trentamila reperti conservati a Sing Sing, ma anche di quelli contenuti negli altri depositi del museo, è che non si tratta di materiale di seconda o terza fascia», spiega Paolo Giulierini. «Molti oggetti sono di altissimo valore: provengono dalla dismissione delle vecchie sale espositive e già oggi alimentano prestigiose mostre in Italia e all’estero. Statisticamente, dal MANN proviene il 75 per cento dei prestiti archeologici del Ministero della Cultura».

L’obiettivo del museo è restituire accessibilità e visibilità a questo patrimonio, in un percorso che – oltre a iniziative come Sing Sing. Il corpo di Pompei – si svilupperà in diversi modi, tempi e direzioni. «Siamo stati tra i primi a sostenere la campagna “100 opere tornano a casa” voluta dal Ministro della Cultura Dario Franceschini, che prevede prestiti di lunga durata ai musei più piccoli di opere conservate nei depositi», dice Paolo Giulierini. «Ma abbiamo anche avviato diversi progetti di digitalizzazione del patrimonio in collaborazione con università degli Stati Uniti. Sia in 2D che in 3D. Entro la metà del 2022 puntiamo a organizzare le prime visite fisiche dei depositi e a presentare una nuova piattaforma digitale che offra agli utenti di tutto il mondo la possibilità di scoprire questo patrimonio».

La mostra Sing Sing. Il corpo di Pompei di Luigi Spina si svolgerà fino al 30 giugno nella Villa dei Papiri del Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Il volume che accompagna la mostra, edito da 5 Continents Editions, è corredato dai testi di Paolo Giulierini, João Vilela Gerardo, Davide Vargas e Luigi Spina.

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