IL JUKEBOX DEL TEMPO PERSO – Correva l’anno, il mese, il giorno… 30 dicembre 1958
Correva l’anno, il mese, il giorno… 30 dicembre 1958
È il 30 dicembre 1958.
In Italia lo stipendio medio di un operaio è di 40mila lire, un biglietto del tram costa 25 lire, un chilo di pane 140, un litro di latte 90. Pochi giorni prima, esattamente il giorno del versamento della tredicesima, la Fiat ha abbassato il prezzo della Fiat Cinquecento da 465.000 a 395.000 lire, pagabili dopo un piccolo anticipo in trentasei rate.
È il prologo del boom economico. E la musica non si tira certo indietro. Il 45 giri, il piccolo vinile in 7 pollici destinato ai singoli, con una canzone per facciata, supera per numero di vendite il formato 78 giri, mandandolo di fatto in pensione. Anche perché inizia a spopolare nei locali il jukebox, dove con una semplice monetina è possibile selezionare il 45 giri che si vuole e ascoltarlo. Del resto, siamo alla fine del 1958, l’anno che, musicalmente, era stato aperto dalla leggendaria vittoria di Domenico Modugno a Sanremo, quando spalancando le braccia sulle note de Nel blu dipinto di blu, aveva sancito la nascita della moderna canzone italiana.
Proprio le vendite clamorose del successo sanremese di Modugno trasformano definitivamente, anche in Italia, la musica in mercato. E quel 30 dicembre 1958 per la prima volta nella storia, viene pubblicata la classifica dei dieci singoli più venduti in Italia. È la rivoluzione della fruizione di musica. Da quel momento, le nuove generazioni saranno la principale categoria cui guarderà l’industria musicale, radio e jukebox (ma soprattutto quest’ultimi) gli oracoli cui chiedere il responso e determinare tonfi e ascese.
Ma chi sono i protagonisti di questa mitologica prima Top Ten italiana, chi troviamo sul podio? Nessuna sorpresa. Al primo posto c’è ovviamente Modugno, il cantante dell’anno, amato da figli e genitori in egual misura, con Io (https://www.youtube.com/watch?v=Fk_ZLw8XPAo), un brano che il tempo ha dimenticato ma risulta a tutt’oggi tra le più alte e convincenti interpretazioni del grande cantante di Polignano.
Dietro Modugno, un mostro sacro d’oltreoceano, ovvero quel Paul Anka che sul finire degli anni Cinquanta rappresentava l’esatto trait d’union tra la tradizionale canzone melodica e i nuovi ritmi rock che stavano montando inesorabili e inarrestabili. Ma con un’immagine pulita e bambinesca adatta a rassicurare genitori in preda a crisi isteriche per gli sconvolgenti e minacciosissimi Elvis Presley, Jerry Lee Lewis, Chuck Berry e compagnia. Quel ruolo che in Italia andrà a ricoprire, qualche anno più tardi, il Gianni Morandi degli esordi.
Paul Anka in questa prima Top Ten piazza sul mercato italiano ben due brani sul podio: al terzo posto troviamo la classicissima You Are My Destiny (https://www.youtube.com/watch?v=k7fihig4u0Y), che nonostante diventerà un’evergreen risulta, ancora oggi all’ennesimo riascolto, lontana anni luce dalle corde del bravo cantante americano, più a suo agio con melodie e testi meno teatrali e più sbarazzini. Come quella che è il suo capolavoro assoluto e una delle canzoni giustamente più celebri di quel tempo: la splendida e immortale Diana, qui al secondo posto.
Giusto un anno prima l’imberbe Paul era tutt’altro che famoso, e provava a farsi strada con un trio di adolescenti tutto amore e passione. Che poi, a sedici anni a cosa vuoi pensare se non all’amore? E l’amore, puntualmente, come per ogni 16enne che iddio ha messo in terra, arriva pure per il giovanissimo Paul.
Lei si chiama Diane Ayoub, ha vent’anni e, ovviamente, è bellissima. Come in una trama dantesca, Paul Anka la vede per la prima volta in chiesa, durante la messa. E perde la testa. Solo che, per l’appunto, lei ha vent’anni ed è già una donna, mentre lui è, come già ricordato, ancora un bambino.
Il coraggio di dichiarare il suo amore ovviamente non lo trova. E, buono buono, si mette in un angolo ad aspettare speranzoso il giorno in cui quel sentimento che non lo fa dormire passi restituendolo alla spensieratezza.
Ma a questo punto, colpo di scena: siccome i suoi genitori lavorano entrambi e Paul ha due fratelli piccoli, urge trovare al più presto una babysitter per i pargoli. E chi vanno ad assumere Mister e Miss Anka? Ovviamente la bella e impossibile Diana Ayoub, che così il povero Paul, da un momento all’altro, si ritrova girare per casa ogni santo giorno. Resistere ancora a lungo è impossibile e così, per non impazzire, decide di dichiararsi.
Non una dichiarazione qualunque: per confessarle il suo amore Paul Anka decide di scriverle una canzone, e di intitolarla con il suo nome: Diana.
In pochi, pochissimi giorni compone una base calypso, ovvero una derivazione del cha cha cha, e un testo tanto ingenuo quanto sofferente, una preghiera d’amore così pura da strappare via il cuore.
Quel che accade poi, è qualcosa di molto simile a una catastrofe.
Diana ascolta il pezzo, ride, lo deride e infine lo respinge in malo modo, con qualcosa tipo vai bello vai, prima fatti togliere il latte dalla bocca.
Una tragedia che però nello spazio d’un niente volge in apoteosi. Perché se l’amore va malissimo, quel brano composto con lacrime e sangue cambierà la vita di Paul Anka.
Pochi giorni dopo il gran rifiuto della bella Diana, un manager della casa discografica ABC Paramount ascolta la canzone e se ne innamora, al punto da volerla incidere all’istante e lanciare Paul Anka sul mercato mondiale come primo teen idol della storia della musica.
Tempo due settimane e Paul Anka diventa il coetaneo in cui gli adolescenti di tutto il mondo si riconoscono e il risultato è apocalittico: radio impazzite, nove milioni di copie vendute e successo planetario.
Leggenda vuole che a quel punto la bella Diana ci abbia ripensato, e sia tornata mesta mesta da quell’ex bimbo sporco di latte e neo ragazzo più famoso del mondo a chiedergli scusa e a proporsi per una vita insieme. E che, senza troppi complimenti, Paul le abbia dato un clamoroso benservito.
La leggenda appunto. Su come siano andate davvero le cose, chissà.
Quel che è certo è che resta una canzone tra le più famose, cantate e coverizzate di tutta la storia.
Un testo che magari oggi può pure far sorridere per la sua limpida e totale ingenuità. Ma chi tra noi non ha spasimato in questa disarmante ingenuità a sedici anni?
E allora ascoltiamola e riascoltiamola, ancora una volta.
E dedichiamola a noi… agli splendidi, impossibili e donchisciotteschi amori dei nostri sedici anni…
Buon anno!