IL JUKEBOX DEL TEMPO PERSO – Correva l’anno, il mese, il giorno… 3 febbraio 1976
Correva l’anno, il mese, il giorno… 3 febbraio 1976
Il 3 febbraio 1976 e l’Italia, da tempo, è un paese del tutto smarrito.
Inflazione e disoccupazione continuano a galoppare, una continua emorragia sociale economica che toglie tanto alla classe media quanto al proletariato sicurezza e prospettiva futura. La crisi petrolifera internazionale continua ad annichilire l’intero paese sotto i colpi di un’austerity di certo allentata ma che si fa ancora sentire. Si circola a targhe alterne e i bar e altri locali chiudono prestissimo.
Dalla politica del palazzo, poche risposte e tanta confusione. Il governo Moro IV, formato da Democrazia Cristiana e Repubblicani con l’appoggio esterno del Partito Socialista, ha i giorni contati. La fine dell’appoggio socialista, in gennaio, ha segnato la fine dell’esecutivo. Di lì a pochi giorni il Presidente della Repubblica Leone nominerà un governo di transizione, ancora guidato da Moro, che porterà il paese, in giugno, alle elezioni anticipate, il cui esito, visto il risultato clamoroso del PCI alle ultime amministrative (33%) è quanto mai incerto, provocando una fibrillazione e un fermento che – guarda caso? – finiranno per coincidere con l’alba della fase più cruenta della strategia della tensione e degli anni di piombo.
I giovani, tutti quanti, nessuno escluso, sono come stretti in una morsa. La politica, i gruppi extraparlamentari, che dalle barricate del 68 si sono al tempo stesso strutturati e frammentati, sono una risposta al vuoto e all’angoscia: a giugno, alle elezioni, per la prima volta il Movimento presenterà un cartello elettorale denominato Democrazia Proletaria.
Qualcuno, molti a dire il vero, la risposta al vuoto purtroppo non la trovano. Né nella politica né altrove. E se il 1975 appena concluso aveva fatto registrare un’impennata tragica del consumo di eroina, il 1976 appena iniziato segnerà il tracollo definitivo. Tragedia nella tragedia, nessuno al momento pare accorgersene.
In questo quadro a tinte fosche la musica, è, più di ogni altra cosa e come spesso accadrà per l’intero decennio, una bolla quasi immemore di insostenibile felicità, e i jukebox una sorta di mondo a parte, dove l’innocenza pare ancora regnare
sovrana.
Ma i venti di tempesta soffiano troppo forti, in quel 3 febbraio 1976, talmente tanto che anche la più innocua delle Top Ten nasconde e svela la cupezza dei tempi.
C’è prima di tutto, nella classifica, molto cinema. E molta televisione.
Con le domeniche a piedi per il blocco delle automobili, il cinema resta il passatempo preferito degli italiani. E nelle sale il 3 febbraio si affacciano capolavori assoluti come il Casanova di Federico Fellini, la versione cinematografica de Il deserto dei Tartari diretto da Valerio Zurlini con un monumentale Vittorio Gassman e, soprattutto, il primo atto dello splendido Novecento di Bernardo Bertolucci. Anche se il grande pubblico preferisce l’erotico Mandinga e il già intramontabile Zorro con Alain Delon, Ottavia Piccolo e Adriana Asti. Ma per trovare la soundtrack di questi titoli in classifica è ancora presto.
C’è invece, in nona posizione, una delle colonne sonore (giustamente) più celebri di tutti i tempi, ovvero l’ipnotico e terrificante tema di Profondo Rosso (https://www.youtube.com/watch?v=lN5wpoNJDUk), scritto ed eseguito dai Goblin per il film che, l’anno prima, aveva svelato al grande pubblico il genio di Dario Argento e regalato dozzine di notti insonni.
Il successo di Profondo Rosso, che ha la struttura drammaturgica di un giallo e il ritmo di un thriller, ma terrorizza come un horror, si colloca all’alba di una grande fortuna del genere, racconta molto di più della mera fortuna di un cinema di evasione. Nella fattispecie, è il segno del lato oscuro dei tempi che pulsa sempre più inquietante e che, per non volerlo vedere né accettare, lo si vive nella catarsi orrorifica di un grande film. E di una grande colonna sonora.
Ma soprattutto, in Top Ten, c’è tanta televisione. Tramontata per sempre l’era dell’eccezionalità ed entrata a titolo definitivo nelle case, la tv si caratterizza sempre più come panacea di tutti i mali, rifugio dalle pene, decompressione di giorni difficili. In poche parole, il più gigantesco oppio dei popoli. Non è certo un caso che la prima generazione di teledipendenti sia quella dei nati in questi anni.
Così, se in nona posizione troviamo il grande cinema, in quarta e in sesta ecco le colonne sonore degli “sceneggiati” (la dicitura “Serie Tv” è ancora di là da venire) più in voga. Sesta posizione per la leggendaria sigla di testa di Gamma, uno splendido e per i tempi avveniristico giallo fantascientifico in quattro puntate, diretto da Salvatore Nocita. Scritto da Enrico Simonetti, il celebre tema musicale vede ancora lo zampino dei Goblin, chiamati per eseguire il brano in sala d’incisione. Il discorso è identico a quello fatto per Profondo Rosso: un lato oscuro – qui sotto forma di un trapianto al cervello dagli effetti imprevedibili – che si stende inquietante su un futuro incerto e di probabile distruzione, esorcizzato in una fiction mozzafiato.
Altra storia, ma non meno in linea con i tempi, per la sigla che troviamo al quarto posto: l’immortale Sandokan firmata dagli iconici Oliver Onions (https://www.youtube.com/watch?v=fuxtyH1tRpg). Un ritmo incalzante e irresistibile per una pura evasione nel mondo impossibile di una splendida e inesistente Malesia. Grandi e piccini uniti nel più immemore e delizioso dei viaggi nel mondo della fantasia.
Sandokan Sandokan
giallo il sole la forza mi dà
Sandokan Sandokan
dammi forza ogni giorno ogni notte coraggio verrà
Ma c’è anche chi questa realtà ha il coraggio di raccontarla nuda e cruda, senza metafore di sorta. Si tratta dei cantautori, che però in Top Ten proprio non ci arrivano.
Tranne qualche meravigliosa eccezione, s’intende. Una di queste è proprio di quel 3 febbraio 1976, quando Antonello Venditti, appena ventisettenne ma già stella indiscussa del mitico Folkstudio di Roma, dal suo quarto (splendido) LP trae un singolo doloroso e violento come un pugno nello stomaco e che nello spazio di un niente balza in seconda posizione: la struggente Lilly, (https://www.youtube.com/watch?v=CsBHxxWd_ys) dedicata a una giovanissima distrutta dall’eroina, ballata coraggiosa capace di cantare, quando il mondo intero si rifiutava di vedere e sapere, il dissesto e la miseria di una generazione perduta, annientata dalla droga, un lento e inesorabile genocidio di cui si sarebbe parlato troppo tardi. E su cui ancora oggi si continua colpevolmente a tacere.
Che ne è stato di Lilly, verrà chiesto anni dopo a Venditti.
Non lo so, risponderà il cantautore, posso solo sperare che sia ancora viva.
Perché era così, proprio così che funzionava. Ci si perdeva e si moriva così, nel più atroce silenzio e senza nemmeno un saluto.
Alle nostre Lilly, conosciute, amate e che non siamo riusciti a salvare.
A tutti quelli che non ce l’hanno fatta…
Lilly Lilly Quattro buchi nella pelle
Lilly Lilly carta di giornale
Lilly Lilly nuda e senza scarpe
Lilly Lilly bianca non in ospedale
Lilly Lilly senza capelli
Lilly Lilly senza denti per mangiare
Lilly Lilly una montagna di rifiuti
Lilly Lilly nessun latte ti potrà salvare
Lilly Lilly Studiavamo insieme
Lilly Lilly viaggiavamo insieme …