IL JUKEBOX DEL TEMPO PERSO – Correva l’anno, il mese, il giorno… 11 maggio 1986
Correva l’anno, il mese, il giorno… 11 maggio 1986
È l’11 maggio 1986.
Nel pieno della caciara felice dell’Italia cafona e opulenta del rampantismo e della Milano da bere, arriva di colpo addosso a ognuno la più tremenda delle docce fredde. La nube radioattiva sprigionata dall’immane disastro di Chernobyl che, spinta da venti implacabili, soffia dall’Ucraina fino al cuore dell’occidente.
Prima taciuto, poi minimizzato, il più grande incidente nucleare della storia, accaduto il 26 aprile, quell’11 maggio è ormai una realtà nota a tutto il mondo in tutta la sua effettiva pericolosità. In occidente, in Italia, ma anche altrove, si cerca ancora di mantenere la calma, ma le previsioni del tempo, che ormai tutti guardano con fare ossessivo compulsivo e non per organizzare la gita fuori porta, non lasciano scampo: i venti la spingono su tutto il territorio italiano.
Si invita a non avere paura, ma intanto si vieta la vendita di ortaggi e il consumo di latte per i bambini.
Si predica calma, ma dal ministero della salute, ogni giorno, è tutto un moltiplicarsi di misure drastiche.
Si spera che il vento cambi giro e si sta con il naso all’insù scrutando se il cielo ha accolto le preghiere, ma niente da fare.
Si dice che l’Ucraina è lontana, ma la sera quando i bambini rincasano dopo aver giocato a pallone, vengono decontaminati con le sistole.
Arriverà il tempo della satira e spunterà in Tv lo Scrondo, il terribile nano radioattivo creato da quei geniacci di Disegni&Caviglia. E arriverà pure il tempo della dimenticanza (un mese più tardi, coi mondiali in Messico alle porte, chi se la ricorderà più la nube?). Ma quell’11 maggio, il terrore regna sovrano.
Troppo recente il disastro e troppo recente la paura, affinché ve ne sia qualche traccia nella Top Ten dei singoli del giorno. Che però rappresenta in pieno l’Italia del tempo. Tanto benessere, vero o fasullo che sia, e tanta voglia di America. Su dieci brani, ed è praticamente la prima volta che succede, l’unico pezzo italiano lo troviamo al decimo posto, ed è la bellissima Lei verrà di Pino Mango. Che è pure l’unica superstite, a metà maggio, del Festival di Sanremo. Tutte le hit rivierasche, compresa la celeberrima canzone vincitrice (Adesso tu di Ramazzotti, mica robetta), sono infatti sparite, e da tempo, dai radar dei vertici delle classifiche.
Con Mango (che pure a Sanremo non ottenne risultati rilevanti) a fare da ultimo baluardo alla musica nostrana, spopolano le canzoni a stelle e strisce. O, al massimo, dell’Impero di Sua Maestà. Come gli immortali Rolling Stones, che stazionano in settima posizione con un blues pop da paura: Harlem Shuffle, fantastico singolo dell’album Dirty Work ( https://www.youtube.com/watch?v=nAkMTu6q2pY).
A proposito di immortali e mostri sacri, in classifica troviamo anche Sting, con Russians, un singolo che però a dispetto del titolo non ha nulla a che vedere con Chernobyl, ma parla di guerra fredda, auspicando che la continua tensione tra le due superpotenze possa finire quanto prima (https://www.youtube.com/watch?v=wHylQRVN2Qs). Non sapeva, Sting come qualunque altro essere umano, che la fine, pure se non proprio quella auspicata, era veramente vicina.
Tanto per gradire, c’è pure David Bowie, con Absolute Beginners, colonna sonora dell’omonimo film di Julien Temple (https://www.youtube.com/watch?v=iCJLOXqnT2I).
Non dimentichiamo però che siamo pur sempre nel 1986, e accanto ai monumenti, senza soluzione di continuità alcuna, stazionano i tormentoni. Come Run to me di Tracy Spencer, uno dei più martellanti e iconici dell’intero decennio (https://www.youtube.com/watch?v=HbAH-z1Ue9s). Anche i capelli dell’interprete, pura icona anni Ottanta.
Sul podio, l’Olimpo del pop: George Micheal in terza posizione con A different Corner (https://www.youtube.com/watch?v=IPWHkK-_a_A), e al secondo posto la sempre splendidamente scandalosa Madonna con Live to Tell, primo singolo dell’imprescindibile album True Blue (https://www.youtube.com/watch?v=IzAO9A9GjgI).
A dominare questa classifica a dir poco pazzesca c’è Joe Cocker con l’irresistibile You Can Leave Your Hat On (https://www.youtube.com/watch?v=hfgwrdYUQ2A), resa immortale dal leggendario streap tease di Kim Basinger in Nove settimane ½ di Adrian Lyne.
I numeri del tempo dicono che quel film, oltre a spopolare nelle sale e a radicarsi nell’immaginario collettivo nei secoli dei secoli, fu il primo successo clamoroso dell’home video. A un passo dall’epoca dei videoregistratori domestici, sarebbe diventato il vhs più consumato per replicare in camera da letto e in versione casalinga, il mitico streap tease.
E sognare, in una manciata di minuti di brividi bollenti, di essere Kim Basinger e Mickey Rourke.
Baby, take off your coat
Real slow
And take off your shoes
I’ll take off your shoes
Baby, take off your dress
Yes, yes, yes