Home Workers: nasce in Italia "Smart but strong", il primo sindacato di chi lavora in smart working Home Workers: nasce in Italia "Smart but strong", il primo sindacato di chi lavora in smart working
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Home Workers: nasce in Italia “Smart but strong”, il primo sindacato di chi lavora in smart working

Home Workers: nasce in Italia "Smart but strong", il primo sindacato di chi lavora in smart working Home Workers: nasce in Italia "Smart but strong", il primo sindacato di chi lavora in smart workingDoveva accadere, era solo questione di tempo. Cosi, dopo la fondazione in Silicon Valley del primo sindacato di Google, a distanza di poche settimane anche in Italia centinaia di colletti bianchi hanno dato vita ad un nuovo sindacato a difesa dello smart working.

È nato cosi “Smart but strong“, il primo sindacato degli home workers in Italia.

Nell’era delle startup, con la diffusione dei lavori digitali oggi svolti prevalentemente da remoto a causa della pandemia, l’affermarsi di nuove forme sindacali più in linea con i tempi moderni diventa una naturale conseguenza.

Tutto è partito da un gruppo di impiegati milanesi che nel 2020 hanno sperimentato l’home working come strategia aziendale per far fronte all’avanzare del Covid-19. Essi ne hanno immediatamente colto i numerosi vantaggi come una drastica riduzione dello stress, maggior tempo libero guadagnato eliminando il percorso casa-ufficio e un netto risparmio sulle spese del carburane, dei mezzi pubblici e delle pause pranzo.

Per loro è venuto spontaneo chiedersi cosa potrà succedere una volta che l’emergenza sanitaria sarà conclusa, realizzando che un ritorno al lavoro in presenza al 100% sarebbe sicuramente un passo indietro in termini di qualità della vita e benefici ottenuti.

Da questo dubbio è maturata quindi la necessità di unirsi in un gruppo sindacale per difendere lo status quo raggiunto grazie alla nuova modalità lavorativa.

Sul sito ufficiale dell’organizzazione www.smartbutstrong.org il messaggio è chiaro: “Vogliamo contribuire alla diffusione della cultura del lavoro agile nel nostro paese per vincere le grandi sfide che ci attendono, competitività, eguaglianza, lavoro, ambiente”.

Degno di nota è sicuramente il confronto con le storiche associazioni di categoria:

“Non siamo in conflitto con le tradizionali forme sindacali, anzi siamo disponibili al dialogo per raggiungere risultati comuni. Però crediamo che nell’epoca attuale ci sia bisogno di organizzazioni più adatte a difendere le nuove figure lavorative nate dalla rivoluzione digitale.

Scioperi e manifestazioni non sono più la strada maestra da seguire, oggi esistono strumenti più potenti per far sentire la nostra voce. Non dimentichiamoci infatti che ogni lavoratore è anche un consumatore ed un elettore, possiamo quindi utilizzare la nostra scelta d’acquisto o il nostro voto come armi per influenzare e perseguire i nostri obiettivi. Ad esempio possiamo decidere di comprare un prodotto o un servizio di un’azienda che ha mostrato di condividere i nostri stessi valori, oppure possiamo orientare il nostro voto verso il partito politico che includerà nel proprio programma di governo le nostre battaglie”.

Una strategia interessante, ma che farà sicuramente discutere in quanto segna una differenza sostanziale con la classica lotta di classe sindacale che abbiamo sempre conosciuto.

D’altra parte i tempi sono cambiati e ormai non ci stupiamo più di nulla, le ideologie sono finite e le bandiere politiche hanno perso importanza.

Se quindi nel ’68 era normale assistere a movimentate proteste di piazza, può darsi che oggi la rivoluzione si faccia direttamente dalla poltrona di casa con il proprio laptop, ma non è detto che sia per questo meno efficace.

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