Chi dice Lubitsch dice cinema e allora inaugurare le Giornate del Cinema Muto al Teatro Verdi di Pordenone con un film del grande regista tedesco vuol dire davvero partire nel migliore dei modi. Tanto più che l’edizione di quest’anno è la numero 40 ed è quella che riapre, seppur parzialmente, al pubblico in sala, dopo l’edizione dello scorso anno quasi interamente on line a causa della pandemia. Dunque Lady Windermere’s Fan (Il ventaglio di Lady Windermere), uno dei tanti capolavori di Lubitsch, presentato nel nuovissimo restauro del Museum of Modern Art di New York con musiche di Carl Davis è l’evento che sabato 2 ottobre, alle ore 21, dà ufficialmente il via alla settimana del festival (2-9 ottobre) che è diventato punto imprescindibile di riferimento a livello internazionale per storici e appassionati di cinema.
Nel 1925 quando il film uscì, Lubitsch era arrivato da tre anni in America, su invito di Mary Pickford, e poco più che trentenne era già tra i registi più affermati e pagati di Hollywood. Lady Windermere’s Fan faceva parte di un pacchetto di quattro film che Lubitsch si era impegnato a realizzare per la Warner, dopo aver onorato un contratto con la Famous Players e prima di passare alla Paramount. Tratto dall’omonimo testo teatrale di Oscar Wilde (che avrà in seguito altre trasposizioni cinematografiche), Lady Windermere’s Fan è stato da subito considerato un capolavoro dalla critica: “non tanto commedia degli equivoci, ma dramma degli sguardi e dei sospetti, ambientato in una società ipocrita… E alla fine non c’è nessuna morale, ma solo un sapore amarognolo e fatalista, dietro un’ironia più nera del solito.” (Paolo Mereghetti)
Nel corso della sua carriera Lubitsch ha diretto i più grandi attori, dimostrando stima e affetto per tutti; così anche per i protagonisti di Lady Windermere’s Fan, Ronald Colman definito in un’intervista “uno degli uomini più simpatici e fini da me conosciuti” e Irene Rich “una donna dotatissima di humour con cui si lavorava mirabilmente in pieno accordo di gusti”. Il tono della partitura musicale di Carl Davis per trio, violino, violoncello e pianoforte, evoca lo spirito vittoriano, fine Ottocento, del lavoro teatrale, quando a Londra proliferavano tanti piccoli ensemble di musicisti che arrangiavano liberamente arie d’opera, marce, ballate sentimentali e valzer.
Le proiezioni al Teatro Verdi di Pordenone iniziano già nel pomeriggio, alle 14.30, con i primi due film della retrospettiva dedicata alle sceneggiatrici americane. L’arte nuova che si stava affermando un secolo fa non poteva non essere arricchita dall’energia creativa delle donne che portavano il loro talento per la narrazione nel mondo del cinema. Molte provenivano dal giornalismo, dalla letteratura, dalla drammaturgia e la crescita vertiginosa dell’industria del cinema forniva ampie opportunità professionali. Dal teatro proveniva Grace Cunard, di cui viene presentato un programma con estratti della serie The Purple Mask, co-diretta con Francis Ford. Tra le molte sceneggiatrici la cui opera ha lasciato il segno sul cinema statunitense degli anni Dieci del secolo scorso, Grace Cunard è una delle poche ad aver interpretato i testi di cui era autrice ed è anche una delle poche di quel periodo ad aver scritto sceneggiature di serial. In The Purple Mask Cunard è una donna della buona società che si unisce ad una banda di ladri che rubano per aiutare i poveri: una specie di Robin Hood con mantello viola, mascherina e berretto che lascia sempre la sua sigla sul luogo del misfatto per evitare che vengano incolpati degli innocenti.
La seconda sceneggiatrice del programma di sabato è Agnes Christine Johnston, che nell’arco della sua vita (1896 – 1978) scrisse 84 film, tra cui An Old Fashioned Boy, del 1920, per la regia di Jerome Storm. È un film che all’epoca venne visto da molti come un pericolo per la tradizionale concezione della famiglia perché la protagonista, la ragazza moderna Betty affermava di preferire di allevare cani anziché bambini. Non così fece la sceneggiatrice che non mancò mai di portare con sé il figlio neonato anche in ufficio, come testimoniano alcune foto pubblicitarie. Secondo la Johnston il lavoro la migliorava come madre e come moglie e fa dire alla Betty di An Old Fashioned Boy che “le donne hanno troppa energia creativa per dedicarla unicamente ai lavori di casa. Se si ha una sola cosa da fare si diventa nevrasteniche.”
A seguire, alle 17.30, il primo programma del cinema coreano che dopo gli Oscar a Parasite e al suo regista Bong Joon-ho è al centro dell’attenzione, ma del cui periodo muto rimangono poche testimonianze. Sono quindi di grandissimo interesse i materiali che provengono dalla Cineteca di Seoul, tra cui le riprese del missionario tedesco Norbert Weber, e soprattutto i filmati di Elias Burton Holmes, viaggiatore e documentarista, inventore del termine “travelogue”, ricordato con una stella sull’Hollywood Boulevard, che riprese i funerali dell’ultimo imperatore coreano.
Il programma online, su MYmovies, si inaugura invece con Jokeren (Il Jolly) di Georg Jacoby, sontuoso dramma danese ambientato durante lo sfarzoso Carnevale di Nizza e con un cast internazionale. L’accompagnamento al pianoforte è di Stephen Horne.
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