Festival 2DAYS PROG +1 di Veruno – Gooble Gobble, una di noi
“Gooble Gobble, Gooble Gobble, l’accettiamo, l’accettiamo, Gooble Gobble, Gooble Gobble, una di noi, una di noi.”
Li vedi ciondolare da una parte all’altra del Campo Sportivo Revislate.
Camice a quadri, magliette con stampato il nome del gruppo preferito, quello che seguono da una vita, la cui musica ha accompagnato i loro primi viaggi, i baci approssimativi delle prime volte, i pianti e le serate tra amici… le prime delusioni, i primi capelli bianchi.
Tra le labbra una cicca che accendono con accendini di metallo coperti di graffi. Si spostano molleggiati con in testa colorati cappelli e la “loro” musica.
Ci sono quelli con i camperos a punta e gli occhiali scuri.
Quelli con i pantaloni a zampa e i capelli lunghi, ormai striati d’argento, tenuti in code sulla nuca fermate da improbabili mollettoni rosa.
Ci sono le signore tonde, morbide meringhe di femminilità matura, capaci di snodarsi, agili, nel ballo scatenato dal palco, in movimenti che non diresti mai possibili per un essere umano.
Ci sono i giovani a cui un boccale di birra sblocca ogni inibizione, pronti a condividere moti di apertura verso il prossimo, il mondo, l’universo, sorridenti e positivi, con le braccia levate in alto a seguire l’onda della musica.
C’è il frate cappuccino, con i capelli tagliati smart, a modello “frate” appunto, rubicondo e pacioccone, che dispensa sorrisi e strette di mano.
C’è “Lei”, l’altissima, la donna più alta del Festival, che liberatasi dall’impaccio della sua statura, lungo i centimetri della quale è scritta e intuibile tutta la sua storia, balla tra le sedie, sensuale e tenera insieme, ammiccante e innocente, dolce nella sua imponenza.
C’è il signore di una “certa età”, il nonnino con gli occhi bambini, fragile nei suoi anni, delicato, sottile, armonioso nella sua danza perfetta e “intonata”, segue il ritmo con una precisione certosina, instancabile, assorto, con una espressione di meraviglia ed estasi sul volto anziano ma fanciullo.
C’è la signora dal biondo ondulato, materna, rassicurante, nel suo giunonico aspetto, con in braccio il suo fedele amico a quattro zampe, tranquillo, in prima fila, sonnacchioso, capace di dormirle su una spalla mentre sul palco, a pochi centimetri dal suo muso, impazza la più sconquassante miscela di luci, batteria e suoni elettronici, e un artista urla nel microfono tutto il “prog rock” di cui è capace.
Capitata per caso in questo composito carrozzone, mi ubriaco di loro, della multiforme umanità che mi “carosella” intorno. Mi innamoro del loro variegato essere un insieme, della loro indulgenza, della mancanza di pregiudizio, di sentenza, di esclusione.
Mi lascio tentare da nuovi algoritmi musicali, dondolo alla stessa loro maniera, mi rapiscono, sono “una di loro”. Per ben tre sere di seguito, sono “una di loro”. Una del “Popolo del Prog”.
Il popolo del Prog, lontani dalle ideologie, dalle rivendicazioni politiche e dai cortei, tutti figli della musica (con qualche innocuo infiltrato), in perenne movimento ondulatorio o sussultorio, animati dalla voglia di incontrarsi, confusi dalla polvere di stelle che si sprigiona dai microfoni e che sembra rendere tutto possibile, tutto luminoso.
Il popolo del Prog che conta i suoi caduti tra le band, chi troppo “adulto”, chi troppo stanco, chi dimora ormai oltre le stelle sotto le quali gli altri fanno ancora musica.
Non c’è verso più liberatorio in tutta la poesia italiana, di “e quindi uscimmo a riveder le stelle”, non c’è forse immagine più colma di speranza che quella della variegata “gente del Prog” raccolta intorno al palco sotto le stelle del Festival 2DAYS PROG +1 di Veruno, dove nel rispetto spontaneo delle diversità è naturale leggere un inno alla fratellanza.
Grazie. Grazie perchè mi scopro uguale a tutti voi, perché non esiste una parola più adatta di un “grazie” pronunciato sinceramente, che riesca a riassumere meglio tutta una vastissima gamma di pensieri e sentimenti provati nei tre giorni in cui sono stata “una di voi”.
P.s.: e poi ti capita un momento magico, il momento topico dove mentre scatti una foto alla torretta con il logo del Festival, si radunano lì sotto, a pochi centimetri l’uno dall’altro, Lei l’altissima, il nonnino e la signora bionda col cane. Inizio a credere ai miracoli… Chiamatemi il frate…