CuriosArte: “La sopravvivenza del più grasso“ e la "cancel culture" CuriosArte: “La sopravvivenza del più grasso“ e la "cancel culture"

CuriosArte: “La sopravvivenza del più grasso“ e la “cancel culture”

CuriosArte: “La sopravvivenza del più grasso“ e la "cancel culture" CuriosArte: “La sopravvivenza del più grasso“ e la "cancel culture"Nel 2009, accanto alla famosa “Sirenetta”, simbolo di Copenaghen, compare l’opera dello scultore danese Jens Galschiot, “La sopravvivenza del più grasso“.

Secondo l’intenzione degli ambientalisti danesi, la scultura pone l’accento sull’atteggiamento indifferente del mondo occidentale che guarda impassibile le miserie e le sofferenze di alcuni paesi, proprio come la bella sirena guarda all’uomo di bronzo. In realtà la statua può essere il simbolo di tutte le sopraffazioni umane, di tutta l’indifferenza dei finti benefattori del popolo che non fanno altro che sfruttarlo e schiacciarlo.

Nella parte inferiore della statua compare un’iscrizione “sono seduta su schiena di un uomo che è distutto dalla sofferenza. Farei qualunque cosa per aiutarlo, tranne scendere dalle sue spalle”.

CuriosArte: “La sopravvivenza del più grasso“ e la "cancel culture" CuriosArte: “La sopravvivenza del più grasso“ e la "cancel culture"Jens Galschiøt scultore danese noto soprattutto per il Pilastro della vergogna, si è trasferito in Olanda nel 1973, e nel 1985 ha lì aperto una fonderia con annesso uno studio, una galleria d’arte e un parco di sculture.

Galschiøt è un artista complesso il cui lavoro incorpora elementi di arte installativa, arte concettuale, happening, performance art e Street Art con chiari riferimenti alle “sculture sociali” (Joseph Beuys), al simbolismo e all’Art Nouveau. Jens Galschiot lavora principalmente con sculture per combattere l’ingiustizia nel mondo, e le colloca in grandi piazze e città di tutto il mondo. Le sculture sono principalmente realizzate in bronzo e autofinanziate.

Nel 1997 creò il Pilastro della vergogna a Hong Kong, in memoria delle vittime di piazza Tienanmen a Pechino, che fu la prima di una serie di sculture con lo stesso nome, infatti fu poi creata una seconda in Messico nel 1999 e una terza in Brasile nel 2000.

Nel 2008, Galschiøt inizia la campagna The Color Orange contro le presunte violazioni dei diritti umani in Cina. Aveva intenzione di dipingere di arancione il Pilastro della Vergogna, ma gli fu negato l’ingresso a Hong Kong.

L’Università di Hong Kong nel 2021 ha confermato che è stata smontata e rimossa la statua il “Pilastro della vergogna”.
La scultura che era stata posta nel campus dell’università è alta otto metri e mostra 50 volti angosciati e corpi torturati accatastati l’uno sull’altro.
Le autorità di Hong Kong hanno giustificato la rimozione improvvisa dell’opera scultorea che rendeva omaggio alle vittime della protesta pro democrazia di Piazza Tienanmen del 1989, dichiarandola pericolante. Ma come è noto, l’inversione di tendenza nella ex città-stato di Hong Kong nei rapporti con la Cina è ormai esteso a ogni livello, con la mano lunga della dittatura comunista che pian piano elimina o nasconde tutto ciò che riporti alla mente una qualche possibile contestazione alla “grande” Repubblica Popolare.

CuriosArte: “La sopravvivenza del più grasso“ e la "cancel culture" CuriosArte: “La sopravvivenza del più grasso“ e la "cancel culture"Da tanto tempo le autorità filo-cinesi cercavano di rimuove l’opera dal centro dell’ateneo, temendo che nel cuore dell’educazione del Paese si potesse sviluppare quel senso di avvertenza-memoria per il totalitarismo militare e ideologico che le vittime di Tienanmen hanno dovuto subire.
La “cancel culture” , con la sua concertante azione di censura e cancellazione delle memorie del passato, avvalora ancora una volta l’iscrizione posta sulla statua La sopravvivenza del più grasso:
“sono seduta su schiena di un uomo che è distutto dalla sofferenza. Farei qualunque cosa per aiutarlo, tranne scendere dalle sue spalle”.

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