CuriosArte: La fragilità di una stella “de-cadente”- Beardsley
CuriosArte vi augura Buone Feste con questa raffinatissima Christmas Card disegnata da Aubrey Vincent Beardsley nel 1985.
“La mia fragile porcellana di Dresda” così Ellen Pitt, soprannominò il suo delicatissimo bambino, Aubrey Vincent Beardsley. Aubrey nacque a Brighton il 21 agosto del 1872 e, etereo e diafano, morì a soli venticinque anni. La sua apparizione nel mondo dell’illustrazione inglese della fine del XIX secolo è simile a quella di una stella cadente, fugace e splendente, inafferrabile ma intensa.
Lo straordinario talento di Aubrey Beardsley, emerse tra gli esponenti della prima Art Noveau e nell’ambito del clima intellettuale antipuritano rappresentato da esteti come Oscar Wilde e artisti come Whistler.
Aubrey fu un enfant prodige del disegno, tanto che a soli undici anni, riuscì a guadagnare le sue prime trenta sterline disegnando, sui menù e sugli inviti di un matrimonio, una serie di personaggi tratti dai libri di Kate Greenaway, scrittrice e artista britannica famosa per le sue illustrazioni di libri per l’infanzia.
Aubrey e la sorella maggiore Mabel, quando la loro mamma si ammalò, vennero ospitati da una zia molto rigida e severa, era permesso loro uscire solo per le funzioni religiose. Solo nel 1884 il nonno lo iscrisse alla Brighton Grammar School.
Così l’adolescente Aubrey organizzò spettacoli teatrali, disegnandone anche i costumi e pubblicò sul giornale della scuola alcuni suoi versi, accompagnati dalle caricature dei suoi insegnanti.
Dopo i brevi studi iniziò a lavorare in un ufficio postale e, l’anno successivo, per la Guardian Fire and Life Insurance, una compagnia assicurativa, dove rimase fino al 1893. Ma la vita da impiegato non faceva per lui.
Dava sfogo al suo estro creativo disegnando. I suoi modelli erano Mantegna, Botticelli e Sir Edward Burne-Jones, l’ultimo esponente dei pittori preraffaelliti.
Un giorno, accompagnato da Mabel, con una cartella che custodiva i suoi disegni, decise di recarsi proprio dal vecchio artista. Burne-Jones rimase fortemente colpito dal suo talento e gli consigliò di dedicarsi totalmente all’arte.
“Non consiglio mai a nessuno di scegliere l’arte come professione, ma nel tuo caso, non posso fare altro”, gli disse.
Nel salotto dell’anziano pittore preraffaellita, quel giorno, c’erano anche Oscar Wilde e sua moglie.
Beardsley amava andare a curiosare fra le bancarelle e dagli antiquari, e in una di queste occasioni si appassionò alle stampe giapponesi.
Nel 1891 i due fratelli Beardsley visitarono la casa di Frederick Leyland, un patrono delle arti che possedeva una importante collezione di opere dei preraffaelliti e degli artisti rinascimentali.
Il soggiorno di Leyland, soprannominato “stanza dei pavoni” decorato da James Whistler, con i suoi raffinatissimi elementi decorativi d’ispirazione orientale, ammaliò Beardsley. L’artista iniziò così a produrre schizzi e disegni evocati dalla suggestiva stanza dei pavoni.
Il primo lavoro grafico commissionato all’artista furono le illustrazioni per la “Morte di Artù”, di Thomas Malory. Era un incarico importante, si trattava infatti di produrre circa quattrocento disegni da consegnare in due anni. Il giovane Beardsley, ancora legato all’ideologia preraffaellita, lo affrontò con grande ansia.
Due mesi dopo la pubblicazione della “Morte di Artù”, nell’ aprile 1893, il pittore e critico Joseph Pennell sancì il successo di Beardsley con l’articolo “A new illustrator: Aubrey Beardsley”. Era il primo numero del mensile “The Studio”. Accompagnato da undici disegni, aveva la copertina stampata su cartoncino verde firmata da Beardsley.
Tra i disegni pubblicati stupefacente è il Sigfrido. La scena è tratta dal secondo atto dell’opera wagneriana. Il giovane eroe, raffigurato nella foresta, accanto a uno specchio d’acqua nera, al termine del celebre brano “Mormorii della Foresta“, sveglia col suono di un corno il mostro Fafner. Fafner avanza strisciando verso Sigfrido, che per poter entrare nella grotta dove sono custoditi l’anello dei Nibelungi e altri tesori, lo ucciderà trafiggendolo con la sua spada. Sigfrido è attorniato dal corpo del mostro, una spirale di serpente alato con il capo crestato e fauci minacciose da cui sibila una lingua biforcuta.
Grazie all’articolo su The Studio, da un giorno all’altro lo sconosciuto artista divene un disegnatore alla moda.
Aubrey si atteggiava a dandy indossando abiti eccentrici e disegnando con le tende chiuse a lume di candela in un appartamento con le pareti dipinte di nero e arancio.
Dirà di lui Oscar Wilde:“Un uomo dalla faccia come un piatto d’argento e con capelli verdi come l’erba”
La notorietà lo portò a collaborare con tutte le riviste di avanguardia. Divenne curatore del trimestrale periodico Yellow Book che seguì fin dall’uscita del primo numero.
Fisicamente delicato e debole, per tutta la vita fu accompagnato dalla tubercolosi. La malattia accentuò il suo temperamento decadente e il suo gusto per l’erotismo, a volte perverso. La sensualità decadente delle sue opere scandalizzò spesso l’opinione pubblica. Nel 1895 diede le dimissioni dalla direzione del periodico Yellow Book, per protesta dopo l’arresto di Oscar Wilde per sodomia. Il suo gesto esprimeva il disappunto verso l’ipocrisia dell’epoca, nonostante provasse antipatia per Wilde e la sua vita personale fosse ineccepibile. Wilde, uscì distrutto dal carcere e morì qualche anno dopo in miseria.
L’opera a cui è maggiormente legata la fama di Beardsley sono proprio le illustrazioni per la “Salomè” di Wilde, commissionategli per l’edizione inglese del 1894 dall’editore Lane.
Si narra che Wilde temesse che la fama di Beardsley potesse sovrastare la sua.
Nelle illustrazioni egli interpretò, con magistrale acutezza, l’ambiguo estetismo di Wilde e lo superò, con una sottile ironia e con la libertà fantastica della sua inventiva, al contempo elegante e dissacrante, pur seguendo i tratti distintivi dell’art noveau.
Il bidimensionalismo e l’appiattimento dei piani, l’intersecarsi delle linee e la sensualità provocatoria, sono le caratteristiche principali del lavoro di Beardsley e fanno di lui una delle personalità artistiche più favolose della fine dell’Ottocento.
Illustrò anche alcuni racconti di Edgar Allan Poe e di Alexander Pope.
”Ho uno scopo: il grottesco. Se non sono grottesco, non sono niente” affermava Aubrey Beardsley.
Questa dissacrante genialità trovò un canale ideale di sfogo nella serie di otto tavole per la “Lisistrata” di Aristofane, eseguite nel 1896, questa edizione fuori commercio, divenne uno dei capolavori della grafica erotica “fin de siècle”. dal pennino dell’artista prende vita lo sciopero sessuale delle donne greche, e la forzata astinenza dei maschi.
Beardsley fu anche scrittore, il suo racconto La storia di Venere e Tannhauser. O sotto il monte, (Under the Hill), cominciò ad apparire a puntate su “The Savoy” nel 1896. Ma, dopo solo due puntate, la pubblicazione venne interrotta per la morte prematura dell’autore, fulminato dalla tisi. Solo nel 1907, l’opera vide la luce, pubblicata postuma, nella sua interezza e priva di censura. Under the hill è un racconto erotico illustrato, basato sulla leggenda del cavaliere tedesco Tannhauser che, che trovata la dimora sotterranea di Venere, si trattenne presso essa un anno intero per venerarla.
Il giovane artista britannico, si era spento a Mentone, in Francia, il 16 marzo del 1898.
Aveva solo 25 anni. Una stella “de-cadente”, fragile e di incantevole luminescenza.