CuriosArte: la firma del Caravaggio e l'ombra della decapitazione CuriosArte: la firma del Caravaggio e l'ombra della decapitazione

CuriosArte: la firma del Caravaggio e l’ombra della decapitazione

CuriosArte: la firma del Caravaggio e l'ombra della decapitazione CuriosArte: la firma del Caravaggio e l'ombra della decapitazioneRoma, 1592. Michelangelo Merisi da Caravaggio arriva, dalla Lombardia, nella città delle sfarzose cattedrali e dei favolosi palazzi nobiliari per cercare fortuna. Il giovane è ancora uno sconosciuto pittore. Frequenta i bassifondi della città, le bettole più sudicie e le compagnie più violente. Al fianco porta sempre un’arma bianca, spada o pugnale e ha una naturale inclinazione al turpiloquio e alla rissa. Indossa un cappello nero e abiti altrettanto cupi e trasandati. Il successo arriva quando gli viene commissionata una straordinaria opera: il ritratto del Papa! Caravaggio diviene il più acclamato artista di Roma nell’entourage dei Borgia.

Roma, 1597. Contrada della Scrofa è la zona animata dalle botteghe dei pittori, frequentata, fra i tanti, dal giovane artista lombardo: “Micchalangelo pittore”, come testimonia nella deposizione del 17 luglio 1597, Pietropaolo Pellegrini, garzone di barbiere, incarcerato in seguito a un’aggressione e al furto di un mantello (ferraiolo), nel quale era stato coinvolto Caravaggio. L’attività artistica del pittore è sempre ostacolata dal suo carattere, spesso è al centro di liti e schiamazzi. La facilità con cui scivola nella violenza gli procura non pochi problemi.

Roma, 1606. Durante una rissa in cui anch’egli rimane ferito, Caravaggio uccide Ranuccio Tommasoni, con cui aveva già avuto scontri precedenti. L’omicidio gli vale la condanna alla decapitazione. L’unica salvezza è quella di fuggire immediatamente da Roma. Per un breve periodo è a Napoli, nel 1607 parte per Malta.

Malta, 1608. Caravaggio conosce il Gran Maestro dell’Ordine dei Cavalieri, che gli fa da modello per alcune tele. Grazie a lui Merisi ottiene la nomina a Cavaliere di Grazia (perché non ha nobile origine) e, quasi come risarcimento della sua investitura, dipinge la Decollazione del Battista. L’opera, destinata all’Oratorio di San Giovanni, doveva essere la prova ufficiale del suo nuovo status sociale: per questo Caravaggio la firma e sottolinea con una “f” il suo nuovo rango. “f” sembra stia per “fra”.

Questo nuovo status è però soltanto una breve parentesi. Il 1° dicembre dello stesso anno è espulso dall’ordine . L’espulsione motivata definendo Caravaggio un uomo ”foetidum et putridum” (fetido e putrido). Probabilmente giunge a Malta la notizia della condanna a morte che pende sulla sua testa. La bolla con cui viene radiato dall’ordine è letta proprio davanti al suo quadro.

Nell’unica firma posta in un quadro, si dichiara “Michelangelo”. È una scritta potente, macabra, perché realizzata col colore rosso del sangue che cola dalla testa mozzata di Giovanni Battista.

Come hanno dimostrato le moderne indagini su questo capolavoro, Caravaggio dipinge con mano ferma e sicura, senza tracciare disegni sulla tela e con ben pochi pentimenti. La porta a termine in un paio di mesi, o poco più. Nel corpo livido del santo egli raffigura la sua vittima e, al tempo stesso, la sua fine.

La scena si svolge nel cortile di una prigione, sotto gli occhi di due prigionieri affacciati a una grata. Il boia nasconde nella mano destra il corto pugnale con il quale si appresta a recidere definitivamente la testa che sarà posta in un vassoio tenuto da una giovane donna. Il sangue scorre dal collo del santo e in quella scia rossa Caravaggio traccia la sua firma.

La decollazione del Battista è la più grande tela che Caravaggio abbia mai dipinto.

La firma fu notata solo agli inizi del 1900, l’opera è stata restaurata in Italia nel 1955 con un lavoro accurato che ha consentito di ridare alla luce le lettere incise nel rivolo di sangue.

Tale firma, ridotta al solo nome di battesimo, strana, angosciante è forse l’indizio di un segreto, di un rito iniziatico e misterioso, qualcosa di molto inquietante, che solo un patto di sangue può suggellare. L’identificazione di Caravaggio con il santo che nella scena del quadro sta per essere decollato, assume dunque un significato più profondo di quello comunemente legato alla medesima condanna che pendeva sulla vita dell’artista.

Diversi indizi fanno sospettare che il pittore, avesse finito per contrarre una sorta di patto diabolico, scommettendo, la testa con il diavolo e firmando pertanto la sua condanna a morte per l’eternità. Non dimentichiamo che siamo nel 1600, secolo dove i confini tra vita reale e occulto sono tutt’altro che definiti.

Daltronde Caravaggio, complice un carattere iracondo, più volte durante la sua vita aveva letteralmente perso la testa.

Quella stessa testa recisa, che l’artista dipinge nelle varie versioni di Davide e Golia, la prima delle quali conservata al museo del Prado (1596-/7) e l’ultima, la più violenta, quella del 1609 della Galleria Borghese, raffigurante un suo drammatico autoritratto, esibito con un sentimento di orrore e raccapriccio.

Caravaggio morirà poco dopo, nel 1610, a causa delle ferite riportate in un agguato, vagando delirante sulla spiaggia di Porto Ercole a soli 39 anni, era il 18 luglio.

Ironia della sorte, pochi giorni dopo, giungerà a Napoli la lettera che lo sollevava dalla condanna di decapitazione.

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